3 ottobre 2010

Congedo


Ebbene mi rendo conto che sto scrivendo l'ultimo post di questo blog. 

Domani a quest'ora sarò a bordo di un aeroplano che mi riporterà a casa in Italia. Non provo particolari emozioni se non gratitudine e la sensazione di aver vissuto un'esperienza importante.

Nell'esperienza c'è naturalmente questo blog a cui ho lavorato molto e il contatto con voi affezionatissimi lettori. Dai dati di google analytics siete circa in 300 a seguirmi. 

Sapere che i resoconti di ciò che combinavo quassù in cima al mondo vi incuriosivano mi ha dato la giusta motivazione per continuare a scrivere cercando di farlo bene.

Alcuni dei lettori sono miei amici, della maggioranza degli altri so poco. Conosco la città dalla quale si collegavano e alcuni dei loro oggetti delle loro ricerche.

Google mi ha avvertito che le persone sono giunte alle mie pagine cercando “Norvegia”, “Lavoro manuale Norvegia”, “Come ripristinare una pista forestale” ma anche, pensate, digitando “Donne che si fanno toccare dappertutto” “Le ragazze finlandesi, sesso”. Insomma ho raccolto a me amici, curiosi, forestali e onanisti. Una simpatica cricca non c'è che dire.

Credete, è stato bello.

Adesso è giunto il tempo di prendere congedo e devo farlo secondo le vostre aspettative,con una riflessione profonda, universale. Qualcosa che dimostri quanto questo viaggio mi abbia reso saggio. Di certo non posso dire ciao a tutti è stato bello, sono molto felice.

Tra tutto quello che posso raccontarvi scelgo di concludere con una frase in inglese.

Come vi ho detto, per tenermi compagnia in bosco, ascoltavo podcast scaricati da internet. Uno di essi era un corso di inglese finalizzato ad ampliare il proprio vocabolario, cosa che io necessito disperatamente.

L'insegnante era un inglese molto simpatico che aiutava a ricordare, verbi, espressioni e parole focalizzandole in storie, la maggioranza di esse molto interessanti.

Ebbene il podcast dedicato al phrasal verb “carry on” che significa “continuare” era accompagnato da un episodio della storia dell'inglese.

Durante la seconda guerra mondiale, raccontava l'insegnante, c'è stato un periodo nel quale gli inglesi se la sono vista proprio brutta. Mi riferisco ai bombardamenti su Londra.

Il governo pubblicava in quegli anni volantini di propaganda finalizzati a coordinare e a rassicurare la popolazione civile. Gli inglesi hanno combattuto come leoni per proteggere la propria patria. Il governo però aveva considerato anche lo scenario peggiore ovvero l'invasione delle truppe tedesche e quindi la capitolazione.

Per quella drammatica eventualità era stato preparato un manifesto che sarebbe affisso per le strade di Londra a beneficio di una popolazione terrorizzata e sconfitta. Un manifesto da affiggere quando tutto sarebbe stato perduto. Voi cosa scrivereste al vostro popolo conquistato da un esercito straniero? Difficile trovare una frase adatta per un contesto così drammatico. Ebbene il governo inglese ne trovò una di incredibile efficacia che solo al leggerla emoziona e fa riflettere su tanti aspetti dell'esistenza.

In caso di invasione sui muri di Londra sarebbero stati affissi manifesti con questa scritta:
“Keep calm and carry on”, che tradotto in italiano significa: “Mantieni la calma e vai avanti”.

Non so spiegarvi perché voglio salutarvi con questo, forse per i tempi nei quali viviamo, o forse chissà.

Gli inglesi scrissero “Keep calm and carry on”.

Vinsero la guerra.

Tanti saluti dalla cima del mondo.

Un lavoretto pulito


Affezionatissimi, oggi mi sento gioviale perché è giorno di paga. 

Ebbene in questa trasferta, nonostante la qualifica di semplice operaio, le mie entrate sono aumentate mensilmente dell'85% rispetto a ciò che percepivo in Italia. Non è poco, al netto delle spese in quattro mesi ho messo da parte l'equivalente di un anno di risparmi. Va detto che ho avuto il culo immenso del vitto e alloggio gratis, altrimenti mi sarebbe andata comunque bene ma non l'avrei fatta così grassa.

Ciò che ho percepito come operatore forestale è più o meno la paga di un addetto alle pulizie, 32% inferiore rispetto al reddito medio norvegese.

Se decidi di stabilirti in Norvegia contando su questo reddito non puoi permetterti lussi (per lusso intendo una birra che al pub costa dai 7 ai 10 euro) ma arrivi tranquillamente alla fine del mese.

Se poi professionalmente vali di più, non appena avrai imparato il norvegese potrai ambire a qualcosa di meglio. Lavoro per gente di buona volontà pare ci sia.

Chi fa veramente il botto sono gli ingegneri e i tecnici altamente qualificati. Ho letto alcune delle loro storie su internet. Non fanno la gavetta pulendo pavimenti, sono contrattati direttamente da grandi imprese multinazionali, specie quelle petrolifere, dove all'inizio, ci si può esprimere anche in inglese. (In un buon inglese, eh!) Gli stipendi in quei contesti sono molto alti.

Le storie di questi professionisti infatti traboccano di ottimismo, però ripeto, sono storie che ho letto nei blog di internet.

Anziché informazioni fumose di seconda mano provo qui a darvi più dettagli riguardo al mio lavoro forestale.

In Norvegia la maggioranza dei boschi appartiene ai privati. Le tecniche di coltivazione, gli abbattimenti, gli interventi strutturali come la realizzazione di strade forestali sono disciplinati da una normativa nazionale, come in Italia. L'ente pubblico incaricato di coordinare, di controllare, di autorizzare gli interventi boschivi è il comune. Ogni comune ha quindi il suo ufficio tecnico forestale.

Il governo mette a disposizione contributi economici per tutti quegli interventi boschivi detti colturali: sfolli, diradamenti e piantumazioni. Interventi necessari per ottimizzare la produttività del bosco ovvero volti a migliorare la qualità degli alberi e l'incremento legnoso degli stessi ma dai quali non si guadagna nulla.

Il governo rimborsa ai proprietari l'80% del costo di tali interventi. Non male, vero?

Inoltre i proprietari possono commissionare ai comuni il lavoro i quali a loro volta contrattano gli operai. Così per il proprietario forestale, lo spinoso problema del bosco si risolve riempiendo un modulo.

Ciò gli permette di svolgere altri lavori o di dilettarsi negli svaghi estivi come la pesca, le passeggiate, la raccolta dei mirtilli ecc.

Per l'operaio la retribuzione è a cottimo; un tot, negoziabile, per unità di superficie lavorata.

Se fosse una retribuzione oraria, il comune spenderebbe di più a controllare che gli operai non battano fiacca che a realizzare l'intervento.

Il lavoro a cottimo è vantaggioso anche per l'operaio il quale è libero di scegliersi il proprio orario di lavoro e i giorni di riposo. Quando l'area è completata chiama l'ispettore o il proprietario che verifica il lavoro svolto e assegna un altro incarico.

Per i diradamenti e gli sfolli mi ero imposto un orario di trentotto ore effettive settimanali. Sette o otto ore di decespugliatore forestale al giorno, credete, sono abbastanza, sforzarsi oltre si rischia di affaticarsi troppo e quindi è più facile che si verifichino incidenti. Con le lame non si scherza!

Lavoravo più ore quando c'era da piantare alberi; la fatica era minore quindi potevo darci dentro, senza rischi.
Dovevo dosare le forze per durare quattro mesi. Se avete visto qualche mia foto pubblicata nel blog avrete capito che non sono proprio un montanaro rustico alla Mauro Corona che fa colazione con polenta e salsiccia ed è capace di picconare per quindici ore filate in una cava di marmo.

Tra le difficoltà, per chi accarezza l'idea di dilettarsi nei boschi norvegesi, cito la pioggia, gli insetti, il peso e il rumore del motore degli attrezzi e l'isolamento.

Per il resto invece bene, l'ispettore e i proprietari forestali sono stati molto gentili e chiari nello spiegarmi ciò che avrei dovuto fare e, in caso di problemi, (per esempio per individuare i confini della proprietà) ricevevo immediati chiarimenti. 

Anche l'equipaggiamento e gli attrezzi che mi hanno messo a disposizione erano di ottima qualità. Pensate, usavo carburante ecologico ASPEN, che rilascia un quantitativo di emissioni tossiche di molto inferiore rispetto alla miscela tradizionale. In Italia il carburante ASPEN costa 3 euro al litro. 

Mi hanno insegnato a limare la lama del decespugliatore e la corretta tecnica di utilizzo per operare in sicurezza.

Per quanto riguarda la remunerazione come dato certo riporto:

Diradamento e sfollo con decespugliatore forestale: 250 €/ha (un ettaro = 10.000 mq, un quadratone di 100 metri x 100 metri)

Piantumazione di abeti 0,20 €/ cad: (Chiaramente si tratta di mettere a dimora migliaia di piante, per dare un'idea la mia produttività era di 60 piante/ora)

Operaio generico per segheria da campo: 11,25 €/h

A ciò dovete togliere le tasse. Appena avrò dati certi vi dirò a quanto ammontano.

E quindi, domanda delle domande conviene abbandonare l'Italia per ricominciarw in Norvegia? Dirvi semplicemente sì o no è fuori questione.

In libreria, visitando il reparto manualistica, avrete senz'altro notato quei libri dal titolo risolutivo: “Come diventare ricco sfondato”. Se sai come diventare ricco sfondato diventi ricco e sfondato; di certo non ti metti a scrivere un libro sul come diventarlo.Per questo genere di cose non ci sono regole fisse.

Uguale qui. Non esiste il manuale “Come realizzarsi in Norvegia”.

Ognuno di noi ha la sua storia personale, i suoi sogni e le sue aspettative e le capacità o meno di realizzarsi.

In Italia, come sappiamo, ci sono bravi giovani che non trovano l'opportunità per esprimersi professionalmente e ciò a causa di un ambiente che non li valorizza e sognano un'alternativa.
Ci sono anche giovani che non si realizzano a prescindere dalle condizioni politico sociali; sto parlando dei pigri, di quelli che non investono in sé stessi, che non si mettono in gioco, che non si criticano, che non si danno obiettivi che non sanno sacrificarsi.

Loro sappiano che un cambio di indirizzo non è in sé risolutivo.

Tutti gli altri, se lo credono possono tentare.

Per gli studenti c'è l'opportunità dell'Erasmus dal quale si possono cogliere preziose informazioni sulle reali possibilità professionali e soprattutto potranno studiare il norvegese.

Per gli altri il gioco si fa un po' più azzardato e costoso. Si tratta di investire qualche migliaia di euro per un periodo definito di permanenza nel quale proporsi alle offerte pubblicate negli uffici di collocamento.

L'esito dell'avventura dipende dai soliti fattori: capacità, carattere, spirito di adattamento e culo.

Insomma, come sempre, ognuno è protagonista e padrone del suo destino. Scusate se non posso aiutarvi di più.

2 ottobre 2010

La Norvegia presentata dai norvegesi!

Storia semiseria della Norvegia



Essere norvegesi - Lezione 1



Scherzone Norvegese

Italia, ma mi vuoi bene? (Post triste)

In Italia lavoro come coordinatore in una piccola associazione di volontariato che si occupa del mantenimento e valorizzazione del verde di due parchi di Verona. E' un lavoro molto interessante per un laureato in scienze forestali perché bisogna saper fare di tutto: contabilità, reclutamento di volontari locali ed esteri (quindi bisogna saper le lingue straniere e, non facile, il giusto approccio per collaborare persone di cultura, etnia e estrazione sociale diverse), organizzazione del lavoro, gestione amministrativa di progetti finanziati con fondi privati e pubblici (quindi sapere rendicontare un progetto, redarre relazioni tecniche ecc.) ma bisogna anche sapere usare macchine agricole, motoseghe, decespugliatori. Spesso si smanetta nei motori.

Insomma in una mia tipica giornata lavorativa parlo dialetto e spagnolo, italiano e inglese. Devo pensare all'acquisto di attrezzatura e materiale ma anche che non manchi nulla per la bracciolata dei volontari senior.
Si torna a casa stanchi ma solo a descriverlo è un lavoro affascinante, non è vero? Si possono fare tante cose utili. Non immaginate come si cresce dal punto di vista umano stando in contatto con tante persone diverse.

Eppure se dite che siete un coordinatore di un'associazione di volontariato la gente alza le spalle e dice? E sarebbe? Già e che sarebbe?

E' una professione poco riconosciuta perché la maggioranza delle associazioni di volontariato in Italia sono condotte in maniera hobbistica; nobili attività per il dopo lavoro. La figura del professionista, cioè l'incaricato di coordinare i volontari, seguire i progetti e curare gli aspetti amministrativi ancora non esiste ufficialmente.
Morale? Stipendi bassi e poco riconoscimento professionale (Molto del lavoro quasi non viene neppure notato e mi ci serve un certo impegno a far notare che il successo di certe iniziative non è frutto della casualità).

I parenti mi chiamano “il manovale laureato”. E a volte, nelle giornate no, lo penso anch'io.

Un giorno per esempio mi trovavo in un palazzo della Regione Veneto a Mestre e stavo attendevo il mio turno per discutere di una pratica. Mentre aspettavo in corridoio, un operaio riempiva il distributore automatico di bibite e chiacchierava con un usciere. Parlavano di crisi economica, di fannulloni, i soliti discorsi da ufficio pubblico. Ad un certo punto l'operaio rivelò all'usciere l'ammontare del suo stipendio. Ci rimasi di sasso. Per riempire distributori di bibite prendeva mensilmente cento euro più di me. Chiaro non ce l'ho con lui, non è lui ad essere sottopagato.

Potrei prendermela con la mia associazione e pretendere condizioni salariali migliori però conosco il bilancio e so che obiettivamente non possono fare di più. Un errore nel nostro sistema economico però c'è. Deve esserci, sennò questa ed altre situazioni, tipo quella che vado a raccontare non potrebbero esistere.

Qualche anno fa ero stato invitato al matrimonio di una mia compagna dell'università. Ricordo che ero un po' sorpreso nel rendermi conto di essere suo coetaneo quindi anch'io in età da matrimonio anche se nell'ambiente lavorativo e famigliare ero (sono) trattato rispettivamente da apprendista e da adolescente. Immaginate la mia sorpresa nel vedere che alcuni miei compagni di corso avevano addirittura procreato e autentici bambini piccoli giacevano addormentati nelle carrozzine. L'argomento principe con i compagni, visto che l'amore e la salute andavano bene era il lavoro. Cosa cioè la vita ci avesse offerto fin'ora in cambio di cinque anni di studio, tirocinio, tesi, esame di stato e iscrizione all'ordine. 

Alcuni facevano il dottorato di ricerca (affrontando importanti ricerche specialistiche) a ottocento euro al mese. Altri erano insegnanti precari, se avevano lunghe supplenze, per esempio per maternità, guadagnavano anche discretamente però l'anno seguente sarebbe stato un'incognita.

Insomma o le professoresse fanno all'amore oppure i neolaureati tirano la cinghia. Altri lavoravano in cantina sociale, altri facevano i giardinieri e altri collaboravano presso studi tecnici. Lavorare in uno studio tecnico è la migliore strada per farsi una professionalità.

La differenza fra le nozioni apprese all'università e le conoscenze utili per lavorare è la stessa che passa tra il recitare l'alfabeto e comporre articoli di giornale.

Mi aveva colpito il racconto di una ragazza, una giovane laureata come me in Scienze Forestali.

Insomma, spiegava, vi presentate presso un libero professionista che in vostra presenza si atteggia come uno chef francese al cospetto dell'ultimo lavapiatti extracomunitario. Più o meno ti spiega di cosa si occupa e poi ti chiede se ti interessa.
Non si parla di remunerazione. Se timidamente chiedete qualcosa a riguardo il tizio o meglio il dottore ti risponde: “Ehi, prima vediamo se sei all'altezza poi vedremo”. Prima di capire se siete all'altezza devono passare mesi, meglio se ogni tanto fai presente la tua situazione, magari con una battuta per non essere troppo diretti.

Alla fine sì, il grande maestro ti fa presente che nonostante tutto non sei malissimo (se effettivamente hai stoffa), che puoi aprire partita IVA e lui dividerà i compensi delle pratiche portate a termine con te. Ti offro un lavoro flessibile, ti dice salendo sulla sua BMW nuova, non esistono altre soluzioni contrattuali sennò devo chiudere bottega.

Teoricamente, secondo questo concetto di flessibilità, l'illustre professionista ti propone alcuni progetti accordandosi su obiettivi, metodi, scadenze e compenso. Beh, penserete che così, da libero professionista, potete scorrazzare per il territorio come un free lance, collaborare con chicchessia incluso portare avanti progetti vostri. Largo ai giovani! Venga competitività!

Non proprio. Anche se non sta scritto in nessun contratto avrete un orario di lavoro di otto ore, nel quale oltre ai progetti sbrigherete anche un po' di faccende di segreteria (telefono, fax, archivio fatture ecc.), se vi passa per le mani un cliente lo condurrete in studio, diversamente è alto tradimento. La vostra vita è disciplinata da un regolamento interno come in qualsiasi ufficio.

Insomma siete a tutti gli effetti dei dipendenti. L'unica cosa che vi manca, particolare non trascurabile, sono i diritti dei dipendenti: ferie, malattia, gravidanza, aspettativa., tredicesima. Niente di tutto questo e se un giorno per caso litigate col capo, egli, il dottore, l'esimio maestro, ti può legalmente cacciare via su due piedi. Ti fa letteralmente scomparire con la bacchetta magica.

Spero vivamente che questo caso sia un'eccezione, anche se non ne sono certo.

Qualche giorno fa scorrendo alcuni annunci di lavoro ne ho incontrato uno incredibile. Un vivaio cercava un operaio generico con laurea in scienze forestali. Uno si laurea per fare l'operaio generico? Il gioco era chiaro, ovviamente si offriva un incarico di una certa professionalità pagato però una miseria.

A conclusione di questo malinconico quadretto, considerando invece il profondo rispetto dimostratomi dai norvegesi per i quali io sono uno straniero, penso: perché deve essere proprio la mia patria a prendermi a scarpate?