28 settembre 2010

Parla come mangi!


E la lingua? Beh ragazzi, lo confesso, il norvegese in quattro mesi non l'ho proprio imparato e ciò mi rattrista perché la conoscenza della lingua locale mi avrebbe permesso di capirne meglio la cultura. 

A riguardo sono curioso, sapete. Per esempio, i norvegesi dicono abitualmente parolacce quando parlano? E che significato avranno le loro esclamazioni? Diranno alce bastardo o porco salmone? O per la neve di Odino? Chissà, questo per me rimarrà un mistero.

Come poco ho scoperto sul loro senso dell'umorismo. Credo sia abbastanza simile a quello britannico, velato e sarcastico. Però lavorando otto ore al giorno in bosco, abitando in un'area disabitata e avendo la possibilità di esprimermi in inglese con le poche persone con cui sono in contatto, beh avete capito è molto difficile. E la conoscenza linguistica è importante se si vuole vivere in Norvegia. Il novanta percento dei lavori offerti, ovvero quelli che per qualsiasi ragione devi rivolgerti ad un altro essere umano, ha come requisito base la conoscenza linguistica.

Se ci pensate questa è una regola generale del mondo.

E come si impara il norvegese? In Italia credo ci siano dei corsi però solo a Roma e a Milano, credo per mancanza di insegnanti norvegesi (se sono pochi in patria immaginate nel resto del mondo). Esistono in commercio dei vocabolari e dei frasari da viaggio e questi possono apportare un piccolo aiuto nella vita quotidiana specie per imparare le frasi di cortesia, i saluti e la maniera di presentarsi. 

Questo è proprio il minimo. 

Non facciamo come quei volontari statunitensi che, con moderato piacere, ho incontrato in Italia. Dopo tre mesi di permanenza e di relativo corso di italiano tornavano in patria salutando in inglese: Good bye!

No, in Norvegia si saluta e si ringrazia in norvegese. Almeno questo piccolo gesto di rispetto lo dobbiamo.
Leggendo vari blog e forum sparsi nella rete ho appreso che gli studenti erasmus possono beneficiare di corsi di lingua all'interno dell'università. Anche i lavoratori stranieri sono invitati ad imparare il norvegese e i comuni organizzano periodici corsi di alfabetizzazione a prezzi convenienti.

Dai blog scritti dagli italiani che vivono stabilmente in Norvegia si evince che seguendo con impegno il corso e sforzandosi di parlare il più possibile già in un anno si ottengono risultati apprezzabili. Poi si perfeziona il vocabolario e l'accento.

A questo punto la Norvegia ti si presenterà a nudo nel bene e nel male e ne potrai parlare in maniera autorevole.

Come è il suono della lingua norvegese? E' un po' difficile da descrivere. Sembra tedesco, però molto più dolce. A sentirlo non risulta armonico come una lingua latina con la giusta alternanza fra consonanti e vocali. Per orecchi poco allenati come il mio ci sono parole che sembrano terminare con tre consonanti di fila. Certe parole risuonano un po' come uno yodel svizzero. I norvegesi parlano generalmente a voce bassa, senza gesticolare. Durante il loro discorrere a volte sembra quasi che sospirino, che parlino aspirando l'aria. 

Per esempio “Ja” vuol dire “sì”e si pronuncia come fosse tedesco però inspirando. Provate. Questo è un suono in norvegese.

Per chi volesse studiare qualche frase base può usare questo podcast (in inlgese) che si chiama One minute norwegian. E' fatto bene. 

Altrimenti ci si può godere le lezioni questo simpatico insegnante locale al quale spero gli sia conferito un riconoscimento per il suo lavoro. Anche voi, mi raccomando fategli i complimenti.(Clicca per assistere alle lezioni)

25 settembre 2010

Norvegia: cose belle e meno belle

Penultima settimana, o miei affezionatissimi, poi ci lasciamo. Comincio a tirare i remi in barca e fare il punto della situazione di ciò che mi ha offerto e quindi può offrire anche a voi il Troms.









Cose belle:



1) L'acqua del rubinetto arriva direttamente dai ruscelli di montagna. E' deliziosa.
2) L'aria non è inquinata e profuma di bosco.
3) Il cielo quando è sereno sembra dipinto da Dalì.
4) Mare e montagna sono a pochi chilometri di distanza.
5) Assistere al tramonto è un'autentica esperienza.
6) Le donne belle sono davvero molto belle.
7) Se peschi un salmone di una certa dimensione diventi notizia per il quotidiano locale.
8) Se sei invitato a cena il tuo ospite non insisterà perché tu assaggi tutto o faccia il bis.
9) Nessuno si fa gli affari tuoi.
10) La gente ti rivela che non ha problemi economici.
11) Se qualcuno corre è solo perché sta facendo jogging.
12) Chi si considera sportivo non è perché segue il calcio alla televisione
13) Tutti pagano le tasse, chi non le paga non è considerato “più furbo”.
14) Il telegiornale norvegese è meno drammatico e pessimista di quello italiano.
15) E' più facile ricevere un invito per un'attività all'aperto piuttosto che per vedere la televisione.
16) I film e i programmi televisivi vengono trasmessi in lingua originale
17) La maggioranza della popolazione parla correttamente inglese.
18) E' impossibile perdersi in macchina.
19) Negli uffici pubblici e nei negozi, se sei proprio sfortunato, trovi una fila di non più di tre persone.
20) L'ora di punta consiste in cinque macchine in fila.

Cose meno belle:

1) La lingua locale è ostrogoto arcaico e quando impari a fatica come si dice “buona sera” i norvegesi ti precisano che esistono anche i dialetti.

2) L'alcool non si divide.
3) Si hanno conversazioni amichevoli con sconosciuti solo se questi ultimi hanno sbevazzato.
4) Durante l'estate zanzare, tafani e vespe non danno tregua.
5) Nei luoghi pubblici c'è cortesia ma non giovialità. Scordatevi di fare due chiacchiere con il fruttivendolo o con il postino.
6) Non di rado i passanti hanno un'aria malinconica.
7) Il sole di mezzanotte è un fenomeno affascinante però le finestre delle case non dispongono di persiane o di scuri.
8) Non esiste movida notturna né l'abitudine di farsi le vasche in centro.
9) Non c'è abbondanza di musei o di centri culturali.
10) Non si vedono né gatti né canarini.
11) A giugno le cime delle montagne sono ancora innevate e l'autunno comincia a settembre.
12) Non si mangia molta frutta e verdura.
13) Non esiste il concetto di caffè espresso.
14) La pizza locale prevede una spolveratina di ragù di renna.
15) La pasta ha un punto di viraggio alla scottura molto breve.
16) Quando esci dal supermercato il peso delle sporte è bilanciato dal sostanziale alleggerimento del portafoglio.
17) Gli argomenti di conversazione che vanno per la maggiore sono caccia, pesca e calcio.
18) Quando ci si sente soli ci si sente proprio soli.
19) Lavorando in bosco compaiono inevitabilmente i fantasmi del tuo passato. Rischi di tornare a casa come se avessi litigato con qualcuno.
20) In Norvegia sei uno straniero e lo sarai per tutta la tua permanenza.

23 settembre 2010

Norwegian Humor

Così si ride in Norvegia. Questi che vi propongo sono degli spot che passano in televisione!








22 settembre 2010

Ieri, oggi e l'Ipod

Ho già scritto da qualche parte che questa è la mia seconda esperienza in Norvegia. La prima volta è stata nel 2002. 

A seconda dei punti di vista otto anni possono essere tanti o pochi.

Per gli abeti che avevo piantato otto anni non sono poi molti; adesso sono alti circa mezzo metro.
Non parliamo poi delle montagne e dei ruscelli circostanti. Loro mi direbbero, sei stato via otto anni? Non ci abbiamo fatto caso, percepiamo la vita degli uomini come tu i lampi durante un temporale.

Questa storia degli anni mi incuriosiva così ho scrutato il mio volto allo specchio alla ricerca di cambiamenti e sì, ammetto che ci sono stati. Beh, niente di grave sono, diciamo, più maturo. Nel 2002 ero uno sbarbino. I capelli ora mi si sono schiariti per i quattro anni di lavoro all'aria aperta ma il fisico ancora tiene. 

Quanto alla storia della mia vita interiore otto anni hanno provveduto a sballottare, frullare limare, smussare il mio carattere per renderlo più adatto a questi tempi difficili. Sì, da questo punto di vista, ne è passata parecchia di acqua sotto i ponti.

L'aspetto però più sorprendente è il progresso tecnologico. Ci siamo mossi con rapidità. Ci credo che i nonni piangono e si sentono tagliati fuori. Quanto a tecnologia multimediale otto anni fa accendavamo il fuoco sbattendo due selci. Non ci credete? Vi faccio qualche esempio della mia vita norvegese di allora rispetto a quella di adesso.

Telefono
2002: Cellulare. Una chiamata veloce alla famiglia una volta alla settimana. Squilli agli amici. (Lo squillo era un gesto sociale preistorico. Si faceva il numero di un amico, si lasciava squillare il telefono una volta e si riattaccava. Lo squillo significava: “Ciao, ti penso! Stammi bene!”. Chi riceveva molti squilli poteva sentirsi soddisfatto del proprio valore sociale viceversa il contrario.
2010: Skype. Chiamate illimitate a tutti gratis e con web cam.

Posta elettronica
2002: Esisteva la possibilità di inviare e-mail, solo che dovevo andare a casa del mio vicino, chiedere in prestito il computer e scrivere velocemente perché il computer serviva anche ai figli.
2010: Con la tecnologia wireless e un portatile posso inviare e-mail tutti i giorni direttamente dalla mia camera.

Musica
2002: Cinque CD portati dall'Italia, un lettore CD a pile ricaricabili, carica batteria e cuffiette. Per integrare ascoltavo la radio locale
2010: Ipod da sette giga byte di memoria contente musica e podcast radiofonici in italiano, inglese e spagnolo. Possibilità di accedere a piattaforme quali youtube e Spotify.

Film
2002: Palinsesto della televisione norvegese che propone film in inglese sottotitolati in lingua locale.
2010: Film in stream su internet nella lingua che decido io.

Diario di viaggio
2002: Diario scritto a mano su fogli di quaderno
2010: Blog disponibile a tutti su internet

Foto
2002: Macchinette fotografiche usa e getta a rullino. Ho potuto apprezzare la qualità delle foto solo dopo il mio ritorno in Italia
2010: Macchina fotografica digitale con possibilità di filmare

Qualcuno potrebbe osservare che la mia prima volta in Norvegia è stata particolarmente dura. Niente affatto, non ho provato nessun disagio se non sai dell'esistenza dell'Ipod, delle macchinette digitali e di tutte le potenzialità di internet vivi comunque bene e senza ansie o tachicardie. Proprio non ci pensi.
Se leggete un vecchio libro del secolo scorso vi troverete senz'altro tutti i tormenti dell'animo umano però nessuno si lamenta che manca la corrente elettrica o che la maniera di comunicare per lettera non è abbastanza efficace. Troverete il personaggio del nonnino di turno che dirà: "I treni e il telegrafo! Invenzioni del demonio! Si stava meglio prima!"
Il problema della tecnologia è semmai dopo quando, per qualche ragione ci viene a mancare uno di quegli apparecchi dal design cult che ci accompagna nella quotidianità. E' lì che comincia la tragedia e subito capiamo chi è a servizio di chi.

20 settembre 2010

Senja

Oceano



Oggi ho guidato per qualche centinaio di chilometri perché mi andava di vedere l'oceano.

Otto anni fa la stessa esperienza mi aveva molto ispirato.

Dopo un'ora e mezza di viaggio ho riconosciuto lo scoglio di allora e lo spiazzo per parcheggiare la macchina.
Ho saltellato sui pietroni fino a trovarmi ancora una volta di fronte all'oceano Atlantico.

Io e l'oceano a confrontarci tu per tu. Ne ammiravo l'estensione, il colore severo dell'acqua, le onde che si infrangevano sui fiordi circostanti.

Immenso.

Stendendo la mano in piedi sull'ultimo lembo di terraferma indicavo l'America.
Che bella parola “l'America”, evoca in me futuro e speranza. Tutto ciò che era Europa (saggezza e radici) stava invece alle mie spalle.

Ero nella stessa situazione della “Canzone della bambina portoghese” di Guccini.
Solo che questa volta non c'era Guccini a darmi dritte filosofiche e a cantarmi: “Vivere, vivere, e poi... poi... vivere!”

Io e l'oceano. Il vento mi scompigliava i capelli ormai lunghetti e mi faceva stare bene.

L'America dall'altra parte.

Nel corso della mia vita, che è la vita di uno qualsiasi, ho avuto la fortuna di attraversare quell'oceano ben otto volte e, prima che finisca l'anno, compirò un'altra traversata.

Oggi godiamo di possibilità che nemmeno Re Sole poteva permettersi. Cultura, scienza, tecnologia, economia, tutto alla portata di mano.

La bellezza spesso tende la mano, se la tende a me la tende a tutti, ma chissà perché la rifiutiamo preferendo rimanere rannicchiati e impauriti. Le visioni grandiose sono sostituite da visioni ragionevoli o peggio, da pensieri di pura sopravvivenza.

La bellezza però c'è, esiste. Il mondo là fuori è bello.

Credo che quello scoglio innanzi all'oceano e la sensazione di assoluta libertà che ho respirato a pieni polmoni, faranno parte di quel cortometraggio che l'Altissimo mi proporrà nell'ultimo momento... certo allo scopo di sdrammatizzare.


15 settembre 2010

Il lato grigio della Norvegia

14 settembre 2010

Harstad

Qualche settimana fa mi sono preso un giorno di permesso per andare a visitare Harstad. Perché Harstad? Perché è una cittadina costiera a duecento chilometri di distanza da dove vivo e quindi si poteva visitare in un giorno senza dover spendere soldi per il pernottamento.

Che c'è di bello da vedere ad Harstad? Volete una risposta onesta e schietta? Niente.
O meglio niente se avete visto una qualsiasi cittadina norvegese.

Il centro con i negozietti di artigianato, articoli sportivi, pub discoteche, ristoranti nei quali degustare cucina cinese, italiana, greca e messicana. Cucina greca, messicana e italiana erano proposte nello stesso locale, mentre quella cinese in un ristorante a parte.

Si penserà, chissà che confusione fanno i norvegesi; tacos e pasta al ragù, burritos e tortellini.
All'inizio pensavo ad una scarsa cultura gastronomica da parte loro poi mi sono reso conto che anche noi non stiamo meglio per quanto riguarda la cucina etnica.

Per esempio esistono ristoranti di cucina giapponese gestiti da cinesi, a Verona hanno aperto un posto self service cino – giapponese. Immaginate mangiare insieme sushi e maialino in agrodolce. La cucina messicana scaligera ha sapori molto diversi da quella originale. E il buon kebab? Teoricamente come lo si conosce è un invenzione degli immigrati turchi in Germania ma a Verona oltre che turchi abbiamo kebabbari, pakistani e marocchini.

Ecco forse perché qui, come la battuta del film “Mediterraneo”, si potrebbe dire: “Italiani, greci e messicani, una faccia, una razza”

Dicevo il centro con i suoi luoghi di svago, l'area portuale, l'area industriale e commerciale e quella residenziale. Belle casette eccetto una che mi impressionò perché era bruciata. Sul retro erano stati ammassati mobili e cianfrusaglia varia e i residenti vivevano in una squallida roulotte installata in giardino. Lo spettacolo mi parlava di alcolismo e forti problemi sociali. Era il primo esempio di povertà in Norvegia.

Il tempo era orribile, pioveva che Dio la mandava. Percepii qualcosa di diverso rispetto alla situazione italiana. Per un momento non seppi che cos'era poi fu lampante.

Anche se pioveva non c'era traffico. A Verona, basta una pioggerella di primavera per saturare le strade di vetture che procedono più lente del “a passo d'uomo” con tutti che si fanno scoppiare le coronarie a forza di bestemmiare, suonare il clacson e sporgere la testa per vedere se c'è spazio per infilarsi.

Qui no. La gente (inclusi gli anziani) apre l'ombrello o indossa un impermeabile e cammina come se niente fosse. Si fermano anche a chiacchierare sotto l'acqua. Impensabile da noi eppure quasi tutti i siti di Verona, con un minimo di piste ciclabile, sarebbero raggiungibili in bici.

Ma perché è impensabile da noi? La pioggia vi assicuro che è uguale. E la gente non scivolava sul marciapiede, non si ammalava, nel peggiore dei casi solo si bagnava.

Non lo so ma pare che da noi ci sia una fobia per la pioggia. Ricordo la mia adolescenza, Quando mi sorprendeva un acquazzone e tornavo a casa fradicio ricevevo sgridate a mio avviso immotivate: “Guarda, sei tutto bagnato!” Ebbene sì, piove, non avevo l'ombrello, come sarei dovuto essere? Ci si asciuga, se si è preso freddo ci si scalda con una doccia e poi tutto si risolve. No, sembrava che fossi tornato a casa passando dalle fogne.

Pensavo al sogno di tanti attivisti della mia città che si battono da anni per la riduzione del traffico. Come dicono loro non esiste nessun impedimento tecnico; è solo questione di cultura.

Volete un altro aneddoto sorprendente? Qualcosa di inimmaginabile da noi?

Verso le quattro mi trovavo di fronte ad un edificio scolastico. Ne osservavo la struttura a scatolone modulare molto simili alle nostre scuole. Ad un certo punto suonò la campanella e gli studenti uscirono. Dall'età dei rampolli dedussi che si trattava di una scuola media.

Anche in questo caso subito non mi sono reso conto ma poi la differenza con la realtà italiana è   stata lampante. Nel piazzale della scuola non c'era nessuno. Nessun genitore in macchina a recuperare il proprio figliolo attirando la sua attenzione aggrappandosi al clacson. Non c'era nemmeno il nonnino con la casacca fluorescente. 

Qui basta fermarsi sovrappensiero davanti alle strisce pedonali per bloccare il traffico.

E che facevano i ragazzini? In crocchi si dirigevano verso casa, alla nordica, senza tanto gridare. Parte di loro andava alla fermata dell'autobus.

Perché invece da noi si scatena giornalmente  il safari selvaggio per portare o andare a prendere i figli? La scuola media, generalmente è nel quartiere dove si abita, i rischi sono gli stessi  che corrono i ragazzini norvegesi. 

Anch'io negli anni novanta come la maggioranza dei miei coetanei andavo a scuola a piedi, in autobus o in bicicletta. Cosa è successo?

13 settembre 2010

Collezione Autunno - Inverno 2010

12 settembre 2010

Ehi! quell'uomo!

Che pace! Qui è autunno inoltrato. 

Il bosco sembra in fiamme tutto colorato di giallo e di rosso e i profili dei monti sono così nitidi che ci si può divertire ad esplorarne i profili in tutti i dettagli. La natura sembra riposare prima di sbaraccare completamente e dar posto alla neve, al ghiaccio e alla lunga notte invernale.

Sembra una di quelle notti, dopo la festa, quando si abbassa la musica e si comincia a chiacchierare alticci, stanchi ma sereni.

Le zanzare non danno più fastidio, ho dovuto sopportare solo qualche vespa nell'ora della pausa pranzo. C'è un silenzio profondo ad avvolgere il bosco ogni tanto rotto dal richiamo di un uccellino, dal rumore della brezza sulle foglie delle betulle. 

Nient'altro.

Cinque giorni di bel tempo, sette giorni senza pioggia, quanto di meglio per chi deve piantare alberi.

Questa settimana ho messo a dimora 1800 abeti. I giovani alberi non erano più alti di trenta centimetri ma tutti sani e rigogliosi. L'obiettivo era quello di riforestare una conca fertile ed umida dell'estensione di circa due ettari e mezzo. Il sito è a mezz'ora di moto dalla casa nella quale vivo per questa ragione ho deciso di portarmi il pranzo al sacco.  Lungo il tragitto c'è un  da attraversare un guado perché il disgelo primaverile ha distrutto la pista forestale.

Il lavoro all'inizio è stato un po' complesso perché nella conca vi era una lussureggiante vegetazione erbacea e arbustiva che faceva perdere il senso di orientamento, qualcosa di seccante se ti hanno incaricato di piantare gli alberi a righe dritte (sesto di impianto 2 x 2). 

Dopo parecchie parolacce e riflessioni di geometria ho capito che l'unica maniera per fare righe dritte è piantare gli alberi a triangolo equilatero. Se ne piantano un paio (A e B) a 2 metri di distanza e il terzo C a 2 metri rispettivamente da A e a 2 metri da B. Si forma così un triangolo equilatero; aggiungendo alberi con questo criterio alla figura che si forma si ottengono righe molto precise.

La buca si scava con una specie di zappa succhiello, metallica. Premendo l'attrezzo con il piede si estrae una carota di terreno creando così il buco per l'albero. Il terreno è una specie di spugna morbida di muschio e humus nero. Da questo punto di vista, mettere a dimora abeti non è molto faticoso.

Ogni tanto facevo delle pause per sgranchirmi, scattare qualche foto e riflettere.

Pensavo che questi abeti saranno maturi più o meno nell'anno 2100 ossia a tagliarli saranno i figli dei miei nipoti. Ci pensate, in un mondo impaziente con tempi di consegna “24 ore”, “il prima possibile”, “entro una settimana al massimo”, sto svolgendo un lavoro che vedrà un risultato fra novant'anni.

E' affascinante, mi sto dedicando a qualcosa  che di sicuro andrà oltre la mia vita.

Mi sono immaginato quegli uomini che ora come ora non esistono nemmeno nei pensieri, che nasceranno, cresceranno, vivranno esperienze simili alle mie in un mondo, spero migliore ma che sicuramente andrà loro stretto.

Chissà se allora mi restituiranno la cortesia, se si renderanno conto che quella pecceta così geometrica non è naturale. E chissà come reagiranno se sapessero che a piantare quegli alberi è stato un italiano di cui si sono perse le tracce e dimenticato il nome.

Non so a voi ma a me capita di pensare a uomini lontani osservando prodotti esotici, specie il caffè. L'odore del caffè mi rimanda all'immagine di un gruppo di contadini colombiani don la pelle bruciata dal sole e dai vestiti chiari con i cappelli di paglia che chiacchierano fra loro a fine giornata. E' un immagine stupida, probabilmente non si vestono nemmeno così e quando hanno finito la giornata corrono a casa però il loro caffè mi parla di loro.

Anche la prossima settimana pianterò alberi, speriamo faccia bel tempo.

7 settembre 2010

Segnali di Fumo

Carissimi, forse avrei dovuto dirvi esattamente dove sto in uno dei primi post. Provo a rimediare lanciandovi un segnale di fumo con google. Capite perché l'indirizzo di questo blog è: "In cima al mondo". Un saluto a tutti voi!



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6 settembre 2010

Amore Nordico II


La percentuale dei divorzi qui è piuttosto altina e questo si può interpretare in due modi.
O i nordici non possiedono un'educazione sentimentale tale da far durare le relazioni per tutta la vita o hanno capito che, nel corso della vita, ci possono essere più capitoli amorosi.

Probabilmente le cause di divorzio sono civilissime, condotte con buonsenso, con gli avvocati che parlano a bassa voce e gli interessati seduti composti ad attendere le decisioni del giudice però ugualmente rimane un episodio difficile dell'esistenza.

La prima volta che sono stato in Norvegia ho fatto conoscenza con un signore sposato il quale mi invitava spesso a casa sua. Aveva cinque figli e l'entrata era una distesa di scarpe. Mi chiedeva di perdonarlo per il disordine di quella casa così piena di vita.

Quest'anno sono tornato a fargli visita. Aveva divorziato, viveva solo con una figlia la quale però viaggiava spesso. Di fatto viveva solo. Gli chiesi come stava. Sembrava tranquillo, mi disse che adesso poteva dedicarsi ai suoi hobby senza continuare a correre di qua e di là. Mi mostrò una stanza che stava rifoderando di legno e mi spiegò che presto avrebbe segato una quantità di tronchi per farne legname da opera. Sarà, però lo ricordavo più felice quando era indaffarato con moglie e figli.

Ho anche avuto modo di chiacchierare con una nonna innamorata dei suoi nipotini. Mi ha spiegato più volte che una delle sue figlie ha divorziato risposandosi con un altro uomo il quale ha accettato amorevolmente i figli avuti da lei nella precedente relazione. Il fatto che la nonna sia soddisfatta per come sono andate le cose sta a significare che l'accettare figli non propri non era qualcosa di assolutamente scontato in Norvegia ma il nuovo marito si è dimostrato maturo e comprensivo. Ora una nutrita schiera di fratellastri convive sotto lo stesso tetto.

In Italia ho assistito ad un caso analogo. Si non si trattava di un matrimonio bensì di un semplice fidanzamento. Persone vicine a me formalmente non disapprovavano poi però, in privato, sfottevano allegramente. Che c'è da sfottere, chiedevo? Niente.

Ancora in questa situazione norvegese uno dei nipoti vive con l'ex marito della figlia quindi i nonni sono soliti invitare le due famiglie per cene e picnic.

E' quella che viene definita la “famiglia allargata” una minaccia secondo i cattolici perché i figli crescerebbero privi di figure genitoriali stabili però è o sarà una situazione comune anche da noi dove il numero delle separazioni è in forte aumento.

Dirò la mia anche se non sono un sociologo, bensì un normale tizio che ragiona su quello che vede.

Secondo me checché ci dicano, la famiglia non ha mai conosciuto “tempi d'oro” assoluti. Ogni epoca ha avuto le sue storture giudicate storture dai posteri. 

Persino sulle famiglie bibliche ci sarebbe da discutere ad esempio su quegli episodi di sesso extra coniugale, incesto, tradimenti, sacrifici. Si dirà erano altri tempi, ma anche i tempi odierni sono “altri tempi”. Violenza, paternalismo, non riconoscimento del ruolo della donna ecc. Da ciò si deduce che l'umanità da sempre cresce all'interno di famiglie non perfette. Quindi è proprio la non perfezione la norma. 

Accanto a ciò c'è il desiderio degli uomini di crescere, di offrire ai propri figli una situazione migliore della propria quindi se la famiglia allargata è figlia di quella tradizionale ci deve essere una qualche relazione.

Ora nella pratica esistono esperienze positive e negative che interessano entrambi i contesti famigliari in esame. 

Tutti avranno sentito storie esemplari di buona famiglia tradizionale con i genitori che fra mille sacrifici tirano su i figli cercando anche di trasmettere loro valori che saranno i punti fermi della vita adulta e di famiglie tradizionali di facciata nelle quali la coppia ormai morta naviga nell'esistenza come una nave fantasma. 

Sono noti episodi di figli sbandati e sballottati da genitori separati che si comprano l'affetto con regali ed eccessivo permissivismo e al contrario storie di famiglie allargate esemplari come quella che mi ha raccontato la nonna norvegese.

Da ciò deduco che non tanto il modello famigliare a fare la differenza bensì come all'interno del nucleo vengono condotte le relazioni, come si affrontano i problemi. E' una questione più di sostanza che di forma.

Coppie miste italo scandinave? Funzionano? Secondo quanto emerge da blog e forum parrebbe di no, specie la combinazione maschio italico e femmina scandinava. Perché? provate a leggere questa simpatica descrizione della tipica ragazza norvegese. Ora immaginate di farla convivere con un ragazzo gelosetto, possessivo e mammone come lo sono, ahimé, tanti connazionali e concittadini: (Mi? Mi no voyo una troia che la da a tuti).

Il nocciolo della questione infatti è come si considera il sesso nel nord Europa e in Italia.

Con una metafora possiamo dire che il sesso qui è una specie liquore. Se versato nell'impasto della torta dell'amore ne conferisce un ineguagliabile gusto però si può bere ogni tanto liscio senza problemi che è buono lo stesso.

Da noi, sempre con una metafora, il sesso è invece un sigillo di qualità con il quale si marchia solo il prosciutto del “vero amore”.

Conosco una sola coppia Italo-finlandese. Lei era venuta in Italia per un soggiorno in qualità di volontaria presso una nota associazione ambientalista. Leggenda vuole che casualmente abbia incontrato in un bar un ragazzo italiano e che sia scoccata la scintilla anche se lei non parlava italiano e lui non conoscesse né il finlandese né l'inglese. Ora vivono insieme felici in Italia da diversi anni. Non conosco però i dettagli della loro storia né le eventuali barriere culturali che abbiano potuto creare ostacolo e non vado certo ad investigare a riguardo perché come dice il detto: “chi si fa li cazzi sua vive cent'anni”.

Chiudiamo in bellezza e in leggerezza. Con il mio blog voglio aiutare a creare contatti fra i popoli e sapere che qualcuno si sia innamorato di una ragazza scandinava anche aiutato da questo post non può che farmi piacere. 
Quindi vi riporto un link di consigli preziosi per chi si accinge a sedurre ragazze norvegesi. Sono consigli molto originali.

Se avete avuto love storie, serie o semiserie con scandinavi o scandinave e vi sentite di aggiungere aneddoti o di correggere, scrivete un commento.


5 settembre 2010

Amore Nordico

E' una bella giornata di sole nella cittadina di Tampere, Finlandia. Il paesaggio è bianchissimo. Bianchi gli alberi carichi di neve, bianco l'immenso lago ghiacciato. La temperatura è intorno a
-10 °C e la neve è di una consistenza sabbiosa quindi non si scivola ed è possibile andare in bicicletta. 

I finlandesi si spostano in bicicletta tutto l'anno.

Anche la ragazza della nostra storia, Rebekka (nome di fantasia) è in sella. Sta andando in centro a sbrigare commissioni.

Bella ragazza, Rebekka, specialmente quel giorno con il cappottino nero, berretto e guanti abbinati.
Che gnocca pensa in quel momento Erik (altro nome di fantasia, non crediate), giovane locale alto, biondo bello fisicato dallo sci di fondo e da una quantità di sport outdoor che sta camminando lungo il marciapiede.
Rebekka si rende conto di essere notata da un figo e ricambia volentieri lo sguardo. Pensa, e che gli dico? Lo invito a prendere un caffè?

Erik, resosi conto di essere stato scoperto abbassa lo sguardo. Rebekka lo mantiene concentrata inviando messaggi telepatici: “Dannazione guardami, dannazione sono qui”.

Attimi eterni. 

All'improvviso però Rebekka si ritrova di schiena per terra nella neve. Non pensate male, semplicemente con la testa girata non aveva notato un cumulo di neve e ci era andata a schiantarcisi con bicicletta e tutto come succede nei film comici.

Rebekka si riprende, si alza, si toglie la neve di dosso e si guarda intorno. Il figo è scomparso.

Sai una cosa dei ragazzi finlandesi, mi dice Rebekka, sono dannatamente timidi e non hanno il minimo senso del romanticismo.
Da ciò deduco che invece le ragazze finlandesi apprezzano il romanticismo, magari alla maniera nordica, a piccole dosi che non interferiscono con l'assoluta parità sociale dei due sessi.

Certo, le dico, hai ragione, le donne meritano romanticismo. Se mi avesse detto che le donne meritano scudisciate sul sedere le avrei dato comunque ragione.

Chiacchierare con una ragazza ha le stesse dinamiche del pesce all'amo, si dà loro lenza e poi al momento opportuno si riavvolge. Loro sicuramente fanno lo stesso con noi con migliori risultati.

Chiedo a Rebekka, come avviene il gioco della seduzione nel suo paese. Ancora una volta mi fa notare la gente vive come in una bolla che la isola dagli altri. I contatti sono molto rari. Io la pungolo e le dico che una volta in Messico vidi una compagnia di amici che era solita passare serate a chiacchierare scambiandosi carezze e massaggi alla schiena. Fa la boccuccia, anche a lei piacerebbe ma non si può fare in Finlandia.

Le occasioni per fare conoscenza sono tante si va dalle classiche come frequentare un gruppo di amici, un corso, un ambiente di lavoro alle meno brillanti con l'aiuto dei Social Network o squallidamente in discoteca da ubriachi.

Sai cosa sono le “Puma Woman?” Mi chiede. No, rispondo. Nella mia mente compare una donna che fa jogging con le scarpe da ginnastica Puma però credo di essere in errore.

Rebekka mi mette al corrente che una mia amica che si sta laureando in sociologia sta facendo uno studio su di loro, nello specifico sta indagando come queste donne si descrivano all'interno dei Social Network.
Però che cos'è una “Puma Woman”? La Puma woman, (donna puma), è una donna matura che cerca e vive relazioni sentimentali con ragazzi più giovani. Una volta l'età poteva essere considerata un ostacolo per le donne mature (non per gli uomini).

Una “vecchia zitella” non la voleva nessuno oggi vive la propria esistenza da protagonista, ha molte più chance. E' un fenomeno sociologico abbastanza recente. Lo stanno studiando.

Ma torniamo a noi. Secondo quanto mi dice Rebekka, quando nel nord un innamorato dichiara i propri sentimenti, per la ragazza è una specie di shock. E' come se un tizio ti consegnasse il biglietto vincente della lotteria. Dai sospiri al chiaro di luna si passa in tempi rapidi ad un pratico progetto di vita insieme. Ci si sposa e per matrimonio, con tutti i distinguo e le eccezioni, qui si intende un semplice contratto di vita in comune non la coronazione stile favola Disney dell'idillio amoroso dove si è felici per sempre e ci si sorprende quando poi non è così. (Continua...)