30 agosto 2010

Che si ascolta quassù

Quando vuoi conoscere una ragazza c'è una domanda sbagliata che le rivolgi sempre.
Le chiedi: “Che musica ascolti?” In apparenza è una domanda leggera per rompere il ghiaccio. In realtà i gusti musicali sono qualcosa di intimo e complesso. E' come chiederle: credi in Dio? Sei di destra o di sinistra?
Imbarazzante, no?

Ebbene ricordo che alla festa di compleanno di Marcus una delle ragazze, non ricordo se fosse Miss Norvegia o la Vichinga mi avevano domandato esattamente questo. Farfugliai una risposta generica che includeva nelle mie preferenze praticamente tutto.

Perché vi dico ciò? Per due ragioni, per invitarvi a non domandare “che musica ti piace?” ad un tizio che avete appena conosciuto e per raccontarvi ciò che so sulla musica che si ascolta in Norvegia.

Se vi sintonizzate su una radio commerciale per esempio la locale “Radio Bardufoss” 
potete apprezzare i locutori che parlano e scherzano in norvegese stretto e rendervi conto che, come in tutto l'occidente, il genere che va di più è il pop in lingua inglese seguito dal pop in lingua locale che è pressoché uguale al primo.

La Norvegia oltre ad un proprio genere folk, coltiva tutti i generi musicali dal Jazz all'Hip Pop.

Una volta, ascoltando la radio, ho assistito ad un'intervista ad un musicista locale che suonava, pensate, raggae. La locutrice e il cantante dialogavano in norvegese e me lo immaginavo bello scandinavo: biondo, alto e pallido. Poi, al momento di cantare, avveniva la metamorfosi, il suo norvegese si convertiva in un inglese dal forte accento giamacaino con tanti “yeah! yeah!” e “Baby! Baby!” accompagnato da una chitarra acustica. Chi si immaginava il raggae qui nel nord! Eppure il mondo adesso è un crogiolo internazionale di culture, la geografia è qualcosa di superato.

Qualche parola va spesa per il metal specie il black metal i cui appassionati vedono nella Norvegia una terra fertile. Per la cultura dark i boschi, gli specchi immobili dei laghi, le chiesette di legno circondate da cimiteri è quanto di meglio una regione possa offrire. Le pallide dame nerovestite possono fluttuare in tutta libertà in codesti ambienti e perdersi nel sublime.

La Norvegia è anche la patria del musicista Black Metal Burzum che si è fatto 16 anni di carcere per aver assassinato il chitarrista Euronymous dei Mayjem mi pare per una diatriba per sulla miglior black metal band norvegese.

Di tutto questo vasto panorama musicale a me personalmente piace ascoltare il pop rock svedese che è molto melodico, grintoso e malinconico.

Vi segnalo due gruppi popolari anche in Norvegia: Kent e Cardigans.
I primi si definiscono la miglior rock band svedese, anche se non sono famosi a livello internazionale. Secondo me hanno un sound molto interessante e i loro videoclip, forti ed originali, probabilmente non piacerebbero ai nostri ambienti perbenisti. Io ho comprato due dei loro dischi; nel 2002 Vapen & ammunition e quest'anno Röd.
I Cardigans invece li conosciamo tutti. Li ascoltavo da adolescente non capendoci niente (l'inglese non era come non lo è adesso il mio forte) e convintissimo che fossero americani probabilmente messo fuori strada dal video “My favorite game”.
Quest'anno li ho riscoperti e li apprezzo ascoltandoli al crepuscolo dopo una giornata di duro lavoro.
Per ultimo vorrei segnalarvi una piattaforma svedese di musica in streaming. Si chiama Spotify

Propone una versione gratuita nella quale bisogna ogni tanto sorbirsi un minuto di pubblicità oppure un abbonamento a pagamento senza pubblicità. La libreria è immensa. Potete trovare musica internazionale di tutti i tipi.
L'unico problema è che attualmente Spotify è disponibile in Norvegia, Svezia, Finlandia, Regno Unito, Francia, Spagna e Paesi bassi. Per farlo funzionare in Italia bisogna chiedere consiglio a google.

Se qualcuno conoscesse gruppi norvegesi o scandinavi interessanti può aggiungerli con un commento.

29 agosto 2010

Non mi manca niente

Questa settimana ho lavorato in un'area piuttosto sperduta sul versante della montagna. Quando Marcus me l'ha mostrata non ho fatto proprio salti di gioia. Si trattava di un pendio scosceso nel quale era stata messa a dimora una quantità di giovani piante di abete rosso.

L'abete, apprezzatissimo per la qualità del legname, non è un albero autoctono; viene piantato artificialmente nei terreni più freschi e fertili. Un terreno fresco e fertile lo si riconosce dalla lussureggiante vegetazione erbacea in cui predominano le felci che ti possono arrivare fino alla coscia.

Immaginate cosa vuol dire lavorare in un ambiente così.

Oltre a ciò mi è stato chiesto di tagliare cespugli e alberi cresciuti nella sede di una vecchia strada forestale: erano così fitti che la strada di fatto era impraticabile.

Fra i due incarichi, detti la precedenza alla strada che si inerpicava sul versante della montagna.

Lavorai duro per giorni interi.

Quando facevo una pausa per andare a recuperare la tanica della benzina mi sorprendevo di quanta strada avessi fatto. Inesorabilmente, metro dopo metro, avanzavo. Percepivo un forte simbolismo in questa attività.

Dopo un paio di giorni provai a percorrere il nuovo tratto di strada con il mio Quad o, come dicono gli angofoni, ATV (All terrain veicle).

Fu un grave errore, il veicolo “per tutti i terreni” in realtà è un veicolo per quasi tutti i terreni. Se percorrete una strada in salita invasa da rami e polloni tagliati rischiate di ribaltarvi.

Quando vidi che la ruota sinistra non aderiva più alla strada e io ero fortemente sbilanciato sulla sella cominciai a sudare dalla tensione. Facendo marcia indietro e pregando di non far cazzate, riuscii a recuperare il mezzo e fare dietro front.

Se mi succedeva qualcosa ero a venti minuti di distanza dalla prima casa. Non vedendomi arrivare Marcus and family avrebbero dato l'allarme solo dopo le sette di sera. E io avrei atteso ferito o con qualche osso fratturato magari con il quad rovesciato addosso.

Strizzai la maglietta fradicia e sgomberai la strada da tutti i rami. Fu un lavoro di ore. Fatto ciò, non contento, tagliai raso tutti gli spuntoni che ancora spuntavano insidiosi.

Ora ero proprio curioso di scoprire dove conducesse la strada. Avevo faticato per centinaia di metri. Le strade forestali in realtà non vengono costruite allo scopo di collegare due località bensì quella di fornire un accesso al bosco ai mezzi meccanizzati per le operazioni di utilizzazioni e per l'antincendio boschivo.

Mi ci volle un altro giorno di lavoro per finire. La strada arrivava ad una radura circolare piuttosto insignificante. Le solite betulle, le solite piantine di mirtillo, qualche pietra affiorante coperta di licheni e un vecchio tronco schiantato.

Pensai, beh che cosa ti aspettavi, di arrivare ad una miniera, ad una casa abbandonata, ad un villaggio sperduto fra i boschi? No, una semplice radura.

Sorrisi della mia ingenuità e sedetti sul tronco a riposare.

Fu allora che aprii gli occhi e mi resi conto che da lì si la vista spaziava sul magnifico panorama della vallata. Vedevo le montagne circostanti, il profilo di ogni monte, i graffi rocciosi scavati dai ruscelli, le distese dei boschi, il verde grigio dei pini e quello più scuro degli abeti. Vedevo il fiume Malselva scorrere placido come un serpentello silenzioso, vedevo le anse sabbiose, l'acqua trasparente e fredda e poi, sparse, le casette di legno degli abitanti.

Mi colse un senso quasi di euforia.

Pensai, dannazione non mi manca niente. Ed era vero. Ero in perfetta salute, avevo un lavoro, vestiti, cibo nessuno mi perseguitava, sedevo su un tronco per una pausa che io avevo deciso e mi godevo un panorama magnifico, e cosa ancora più sorprendente, ero l'unico uomo al mondo che in quel momento godeva di una simile vista da lì.

Pensai, guarda quanta bellezza.

Chissà perché, come molti, solitamente me ne vado in giro appesantito da un fardello di frustrazioni, indaffarato nel compito sciocco e inutile di accontentare le aspettative della gente.

Vi deludo volentieri, ragazzi, lasciatemi fra le montagne e arrangiatevi.

24 agosto 2010

Bardufoss

E' il villaggio più popoloso della vallata, vi è infatti l'aeroporto e la base militare. Qualche settimana fa, in esclusiva per voi, sono andato a visitarlo.

Bardufoss è circondato da montagne e da boschi verdeggianti e lo si raggiunge percorrendo strade scarsamente trafficate.
Qui l'ora di punta consiste in sei macchine in fila.

La struttura è diversissima dai nostri paeselli di campagna o di montagna. Non esiste la piazza principale con la chiesa, il municipio e il bar sport. Quella che potrebbe essere la piazza è un'area asfaltata con funzione di parcheggio che dà accesso alla zona commerciale.

C'è un grande supermercato che durante l'inverno funge anche da centro di aggregazione giovanile (immaginate con quali effetti sociali), un negozio di articoli sportivi, una libreria i cui libri esposti in vetrina hanno le copertine scolorite dal sole, un negozio di casalinghi, la centrale della polizia e alcuni uffici pubblici.

Quando visitai Bardufoss era domenica pomeriggio e il paese si presentava pressoché deserto.

I norvegesi  durante i week end hanno l'abitudine di raggiungere i loro cottage sulle rive dei laghi per dedicarsi al relax, alla pesca e all'alcol. Chi non possiede un cottage è senz'altro fornito di roulotte o camper per potersi dilettare nei medesimi svaghi.

Quella domenica quindi passeggiavo solo. Mi imbattei in quelli che potremmo definire locali pubblici. Uno era un club “Artic club”, discoteca e topless bar. L'entrata consisteva in un'ampia porta di legno da cui si intravvedevano delle scale. Vicino c'era una bacheca con il programma delle prossime settimane. A pelle, mi pareva un locale da soldati dove per un'energica salassata di stipendio potevi ubriacarti in un locale assordante e sovraffollato in compagnia di soldati marci intravvedendo qua e là tette di ragazze russe. 

Passai oltre.

Vidi poi quello che poteva essere un baretto. Fuori c'era un unico tavolo di plastica e gli avventori, tre tizi guardinghi, parevano tutto eccetto norvegesi.

Diedi un'occhiata al "Kiosk" locale che un negozio tipico del nord Europa. Nella filosofia assomiglia ad un piccolo autogrill. Si possono infatti comprare giornali e riviste, bevande, cibo confezionato ed altri oggetti come fazzoletti, occhiali da sole, souvenir ecc. Anche il kiosk era chiuso.

Non c'era altro.

Mi addentrai allora nella zona residenziale. Oltre alla strada carrabile, gli abitanti di Bardufoss possiedono una pista ciclabile in ottimo stato e il marciapiede. Strada, pista ciclabile e marciapiede erano pulitissimi.

Nei tre o quattro chilometri di passeggiata che feci incontrai (standoci attento) tre o quattro mozziconi di sigaretta. 

Quanto alle case, la maggioranza erano villette di legno di uno o due piani. I colori delle case nel nord della Norvegia sono verniciate esternamente sempre con le stesse tinte. Possono essere: crema, giallo ocra, violetto o rosso. 

Ogni casa era circondata da un piccolo giardino perfettamente curato con il praticello all'inglese e vasi di fiori. Qualche volta si scadeva nel kitsch scegliendo come decorazioni miniature di carretti, casette degli gnomi o, orribile, statue dei sette nani.

Insomma le case trasmettevano un'immagine di grande serenità, sembrano le abitazioni di famigliole felici e contente del proprio stato. Passeggiando per la zona residenziale ho incontrato qualche sportivo che faceva jogging e un paio di ragazzine biondissime che se ne andavano in montain bike confidandosi i soliti segreti di teenager.

Riconobbi la scuola, l'asilo e un centro sportivo. Poi finì il paese e ricominciarono i boschi.

Andresti a vivere a Bardufoss?

22 agosto 2010

Notizie della settimana e una lettera del sindaco di Verona

Anche questa settimana è andata. Adesso comincia a rinfrescare. Si parte la mattina presto con 11°C per arrivare nelle ore più calde a 20-22°C. Ci sono stati sette giorni di bel tempo, una specie di miracolo!

Ci sono altre buone notizie che vale la pena registrare nel diario di bordo: è finita la stagione dei tafani e anche le zanzare cominciano a fare le valigie.

Mercoledì sera ho assistito ad una pesca fortunata. I nipoti di Marcus hanno preso due salmoni da cinque chili ciascuno. Erano orgogliosi e si sono fatti immortalare dalla mamma in posa plastica con canna da pesca e preda.
Il papà aveva invece provveduto a fracassare il cranio dei salmoni con una pietra per evitare che i pesci si dibattessero durante la foto.

Finita la stagione dei salmoni si aprirà la stagione delle alci. Via le canne da pesca e mano ai fucili. Marcus scherzando mi ha detto di vestirmi vistosamente quando vado a lavorare in bosco.

Fra qualche settimana però cambiò attività. Vado a riforestare un'area con pini e abeti. Il lavoro viene pagato 1,50 NOK a pianta. Il committente vuole che siano messi a dimora 5000 alberi. Cambiare mi farà bene.
A parte la lama del decespugliatore, da qualche giorno a questa parte cominciava a girarmi anche altro.

Mettere a dimora alberi è un lavoro silenzioso e tranquillo. Dopo il primo giorno, se la memoria non mi inganna, ti viene male alla schiena per i continui piegamenti però dopo basta.

Durante il lavoro mi tengo compagnia ascoltando Podcast, ovvero delle registrazioni di vario tipo messe a disposizione in internet. A parte i corsi di lingua (In tutto il web manca proprio il norvegese) di inglese e spagnolo ascolto“economica” del gruppo Macchianera, e “la Aradio” che una trasmissione radiofonica fai da te molto divertente di un duo di Barcellona. Paradossalmente lavorando sto imparando più cose sulla Spagna  che sulla Norvegia.

Ho ricevuto anche posta. La mia famiglia è stata così gentile da mandarmi la corrispondenza di questi mesi: resoconti bancari (poco interessanti) e una lettera del sindaco  Flavio Tosi.

Fa effetto ricevere la lettera del sindaco della tua città quando sei all'estero.
Pensavo fosse un'autosviolinata del tipo: 
“Caro elettore, la Lega continua ad avercelo duro, se non sei un immigrato, dormi sonni tranquilli”. Invece no.

La missiva (due pagine) era molto attenta, specifica e mi riguardava.

Tosi mi rimproverava di aver accusato via lettera il Comune di Verona di aver compiuto una scelta azzardata circa l'apertura dell'inceneritore dei rifiuti di Ca' del Bue. Tosi scrive che un'apposita commissione ha valutato attentamente tutte le possibili scelte tecniche optando per la termovalorizzazione dei rifiuti. La lettera parla dell'esistenza di tecnologie più avanzate però Verona non vuole investire in tecnologie non ancora sperimentate su vasta scala.

Ciò ricalca in pieno lo spirito progressista e lungimirante dei panciuti borghesi della mia città.

Sarà un altro sindaco in un'altra città a rischiare con un impianto di nuova generazione, qui da noi no.

Investiremo in un impianto vecchio capace di offrire maggiori garanzie tecniche perché già sperimentato. Intanto per chi non lo sapesse, si è formato un comitato che è contrario all'inceneritore e gli abitanti del mio quartiere affiggono lenzuola con la frase: “L'inceneritore? Una follia”. Hanno paura di ammalarsi. Il sindaco afferma che non è vero che le emissioni di un inceneritore sono dannose.

Dunque? Faccio respiri profondi di aria pulita norvegese. Non lo so, ma può darsi che in futuro ne avrò nostalgia.

18 agosto 2010

Bamboccioni italiani

O miei affezionatissimi, oggi cedo volentieri la parola ad un interessante podcast nel quale due blogger dialogano su un tema sociale assai spinoso, “la bambocciosità” del giovane italiano e la confrontano con l'indipendenza del giovane norvegese.
Alla provocazione di Tommaso Padoa Schioppa in migliaia risposero che i giovani italiani sono costretti a vivere a casa dei genitori a causa di incertezza, stipendi da fame e nessuna agevolazione statale. 

Ma è solo questa la ragione o c'è per caso dell'altro?

Durante questi anni, lavorando in un'associazione di volontariato internazionale, ho conosciuto una cinquantina di ragazzi stranieri la maggioranza dei quali non possedeva grandi risorse economiche eppure erano indipendenti, viaggiavano per il mondo, progettavano la loro vita completamente liberi (anche di sbagliarsi).

Ascoltate il podcast e poi ditemi cosa ne pensate.

Hasta pronto!

Vichinghi e bamboccioni parte I (20 minuti):

Fonte: Kalmha.net - un blog al telefono con l'Italia

17 agosto 2010

La Norvegia dei Blogger

Quanti scrivono su internet riguardo alla Norvegia?
Parecchi. Nella maggioranza dei casi si tratta però di diari di viaggio di giovani coppie piuttosto noiosi fatti di foto sgranate e pensieri sdolcinati e senza pepe.


“Oggi abbiamo assistito al meraviglioso fenomeno del sole di mezzanotte”

“Io e Laura abbiamo dormito nel Robur dopo esserci tenuti per mano tutta la notte”

Il peggio è quando il diario di viaggio si focalizza principalmente sui bambini a seguito.

“Il piccolo Luca ha vomitato lungo il tragitto, Narvik – Tromso. Ci siamo fermati in una stazione di servizio a comprare delle salviette.”
E le foto?

Bambino con fiordo, bambino sulla main street, bambino mangiando il gelato, bambino al ristorante, bambino addormentato in una stanza d'albergo.

Io non ho figli e quindi non ho questo impulso morboso di mostrare le loro foto al mio prossimo. Per forza di cose sono persuaso che i figli siano fonte di grande gioia per i genitori specie da piccoli quando non ti mandano a quel paese però è una gioia che deve essere trattenuta all'interno della sfera privata.

Sappiate questa triste verità. Chi non conosce i vostri figli non prova nessuna emozione per loro anzi, tutti i bambini si assomigliano e risultano creature bavose, attaccaticce e chiassose.

Solo per educazione si accoglie con entusiasmo la foto di un bambino non nostro.
Però come al solito sto divagando.

Come vi sarete resi conto il mio blog descrive la Norvegia rurale, la vita di paese e le sensazioni di un immigrato (io) alla nuova vita nel nord. Potrebbe quasi risultare utile per chi si accingesse a compiere un'esperienza analoga.

Se siete interessati esistono un altro paio di blog interessanti che mi sento di suggerirvi.

Il primo è di uno studente che ha vissuto a Tromso che vi descriverà la vita godereccia dei campus norvegesi e le abitudini dei giovani locali (cosa che io, confinato in un'area disabitata, non posso approfondire più di tanto).


Il secondo descrive invece la vita di un professionista di successo che ha vissuto due anni a Oslo. Questo blog è ricco di informazioni ed osservazioni interessanti. La persona che lo scrive è molto diversa da me. Intanto ha schei (soldi) perché lavora in una grande multinazionale. Principalmente si lagna del prossimo però in maniera simpatica e ciò che scrive è credibile.


Infine, cercando materiale per voi, o affezionatissimi, ho scoperto che anche Ingrid ha aperto un blog incentrato sulla sua vita di norvegese sportiva e super cool in Australia.
Ingrid è designer multimediale quindi ci sa fare con le foto. Come tutti i designer ha inventato il proprio stile di vestire il cui elemento principe è un berrettino a righe azzurre e bianche.
Scrive brevi post in norvegese (tradotti in inglese per il resto del mondo) quindi credo abbia migliaia di contatti che la seguono nelle sue gite in spiaggia, giornate sugli sci, serate nei pub ecc.
Gran gnocca!
Mi piacerebbe darvi l'indirizzo però l'angioletto che vive sulla mia spalla suggerisce di non farlo.

15 agosto 2010

Tassista abusivo

Una delle mie mansioni da qualche settimana a questa parte è quella di tassista abusivo. Accompagno Marcus & friends alle rispettive case dopo che hanno fatto bagordi.

Il che avviene spesso.

Chiaro non mi salgono in macchina marci e unti, non devo accostare per farli vomitare, però senz'altro si sono bevuti i loro dieci o quindici bicchieri di vino celebrati in festosi brindisi.

Qui la politi (polizia) è severissima in fatto di guida in stato di ubriachezza. Nessuno prova a tornare a casa guidando dopo aver bevuto. Le conseguenze sarebbero troppo orribili per rischiarla.

Marcus, come vi ho già detto, ama il vino italiano specie il doc di Verona. La maggioranza dei norvegesi però opta per il vino in cartone spagnolo, greco o francese che ha il sapore di un ruvido, però ben ruvido, merlot da cucina.

Tutto è cominciato due settimane fa con una timida richiesta da parte di Marcus che doveva andare al compleanno di un suo vecchio amico, poi visto il successo dell'iniziativa, almeno un paio di volte alla settimana divento tassista.

L'aspetto positivo della faccenda sono le mance. Ieri mi sono beccato 100 corone (12 euro) per un tragitto di quattro chilometri.

L'aspetto negativo invece è che per quanto detto sopra io non posso bere niente. Una delle piaghe nazionali qui è l'alcolismo però io qui sono praticamente astemio.

Marcus un paio di volte mi ha offerto una birra verso le sei dopo il lavoro. Però occhio a come Marcus si beve la birra delle sei.

A Verona, sedevo al tavolino del bar con i colleghi, ci si rilassava e, chiacchierando del più e del meno, ci si scolava amichevolmente il boccale.

Qui Marcus sottrae furtivamente la bottiglia da 33 dal frigo, si guarda intorno per vedere che non ci siano bambini nei paraggi, butta giù qualche sorso e poi nasconde la bottiglia nella dispensa. Dopo qualche minuto beve ancora e alla fine butta via il vuoto.

E' troppo squallido bere così, perciò rinuncio.

Una notte sono dovuto andare a prendere Marcus ad una festa all'aperto alla quale partecipavano una cinquantina di persone.

La location era presso la riva del fiume Malselv, in un'ansa ampia e sabbiosa.

Avevano montato un tendone, allestito le tavolate, disposto letti braci sulle quali arrostivano salsicce e salmone. Sui tavoli si contavano centinaia di cartoni de vinassa, e lattine di birra Mack.

C'erano anche due campi da pallavolo per il torneo. (Questo credo si sia disputato prima di cominciare a bere).

Ricordate, i nordici prima del ristoro gradiscono praticare un'attività fisica. Se ricevete ospiti norvegesi prima del ristorante o della bevuta proponete loro una passeggiata, un giro in bici, una discesa con gli sci. Apprezzeranno!

Quella volta arrivai a festa inoltrata. Il clima era molto piacevole. In questa specie di eterno tramonto, sullo sfondo delle acque chiare del fiume, i bambini correvano e giocavano, gli adolescenti scaricavano files con i cellulari o confrontavano il contenuto dei rispettivi I-Pod. Gli adulti sedevano ubriachi fra nugoli di zanzare parlando principalmente di pesca. L'odore era quello della carne, del pesce, del vino e del repellente per zanzare.

Mi venne incontro la moglie del figlio di Marcus in braghette corte e infradito chiedendomi perché non fossi venuto prima. Le spiegai quella formalità che si chiama “invito” tramite la quale gli invitati appunto sono informati per tempo dell'evento e possono dichiararsi benvenuti.

Che peccato, che peccato disse e poi fu inghiottita nella folla. Incontrai Karl l'istruttore forestale. Era mas allà del bien y del mal. Si aggrappò al mio braccio con una presa dannatamente troppo gay per i miei gusti. Pescava parole in inglese dalla sua mente ormai resa melmosa dall'alcol. Mi chiese se gradivo un caffè e io accettai. Giurerei che allontanandosi mi abbia addirittura palpato il culo.

Andò a prendere una tazza di caffè e poi si fermò a parlare con con qualcuno. Mezzora dopo credo si sia chiesto che cosa ci faceva con una tazza di caffè in mano e gettò il contenuto nel fuoco.

Lavorai molto quella notte guidando un pulmino (senza avere la patente adatta) per riportare a casa le famigliole. Bella serata.

Pudore nordico

Conoscendo i miei connazionali, specie i maschietti, sospetto che questo post sarà il più letto, discusso e commentato dell'intero blog. Parliamo infatti di pudore nordico!

Allo scopo ho dovuto raccogliere aneddoti di amici (quindi per voi saranno informazioni di terza mano) e la testimonianza di una mia amica finlandese che sono andato a trovare a Tampere lo scorso gennaio (fonte senz'altro più attendibile).

Prima però il punto della situazione in Italia.
Converrete che da noi la gente non è particolarmente interessata a praticare attività rilassanti o ricreative senza vestiti (eccetto il sesso, chiaro).

Però sì, a pensarci bene, anche da noi c'è qualche eccezione.

Quando andavo in palestra per esempio notavo disinvoltura nello spogliatoio maschile.
Tutti avevano l'accappatoio ma, al momento di andare in doccia, anziché indossarlo, se lo sbattevano su una spalla e via ciabattando palle al vento.

Credo fosse per stabilire inconsciamente una gerarchia di dominanza, la stessa che si instaura in gruppo di vitelloni costretti a dividere il paddock.

Sia chiaro, a me non disturbava questa sfilata orgogliosa di membri virili eccetto quando qualche tizio decideva di togliersi le mutande a meno di un metro di distanza da me che mi allacciavo le scarpe...

Un'altra situazione da bollino “pudore zero” è attualmente la spiaggia.

La frequentavo da bambino con la famiglia e ricordo solo sporadici episodi di topless da parte di enormi signore tedesche. Da adolescente al mare preferivo la montagna e, dopo la laurea, da precario indigente, non me lo sono più potuto permettere.

Ho però un amico che ha una casa a Eraclea e ogni tanto invitava me ed altri a passarci il fine settimana.

Passeggiando lungo la spiaggia del litorale veneto ho scoperto che la situazione rispetto agli '90 è cambiata e le nuove abitudini delle villeggianti richiedeva l'utilizzo di occhiali da sole per non passare da maniaco bavoso.

Culo, culo, tette, culo, tette, lì? Nuda? No micro tanga. E via così per chilometri e chilometri.

Facevo più strada io che i venditori di cocco.

Le ragazze non arrossivano anzi, ostentavano le proprie grazie con un orgoglio pari a quello dei forzuti della palestra. Giocavano a racchettoni, a pallavolo, mandavano messaggi al cellulare, si abbronzavano, chiacchieravano perfettamente a loro agio con un francobollo di tessuto a coprirle.
Insomma anche da noi, in qualche modo si fa strada l'idea che la visione di un corpo nudo non sia oggetto di profondo scandalo. Ciò nonostante siamo distanti anni luce dal nord Europa.

Cito qualche situazione tipo finlandese.

In una delle piscine della cittadina di Tampere, a detta della mia amica, un giorno alla settimana è possibile accedere alle vasche e nuotare completamente nudi. C'è un orario per gli uomini e uno per le donne. Le ho chiesto: e tu ci vai? Sì. E ti piace? Sì. Perché? Per la sensazione che dà.

E qui penso che nella mia vita ho avuto sì qualche volta il desiderio di farmi una nuotata, specie durante i torridi pomeriggi estivi a Verona, però non ho avuto mai il desiderio di nuotare nudo, meno che meno in una piscina affollata di uomini pelosi.

Altra situazione finlandese.

Uno del vostro gruppo di amici vi invita a passare il week end nel suo cottage in riva al lago. Ciò che succederà senz'altro è che ad un certo punto arriva il momento della sauna, salutato con molto entusiasmo.

Vi denuderete, siederete con vostri amici a contatto di natica nella cabina di una sauna abbastanza tempo per studiare a fondo le nudità di ognuno (e ognuno studierà le vostre).

Immaginate la bonazza dei vostri sogni, quella che vi state lavorando a poco a poco, uscita dopo uscita, improvvisamente nuda e sudata sopportando i novanta gradi con gli occhi socchiusi.

Vedere ma non toccare.

Fatto questo vi tufferete in massa nelle acque fredde del lago fra grida e schiamazzi. La cosa strana è che diversamente da quanto ci si aspetta il rito della sauna non finisce mai in orgia.
La bonazza si riveste e tanti saluti. Inaccessibile come prima.

L'esperienza ha delle varianti anche più grottesche. Immaginate una sauna fra parenti. Immaginate di fare la sauna con gli invitati del cenone natalizio. Io baratterei un anno di castità pur di non prendervi parte.

Problemi? E perché? Dice l'amica finlandese, ho un bel corpo (confermo) e quindi non ho nulla di cui vergognarmi anzi mi piace esibirmi. E mi racconta che le piace posare nuda come modella nei corsi di disegno.

E, fate attenzione, l'amica finlandese non è una specie di pornostar esibizionista, anzi è la classica sognatrice acqua e sapone, ingegnere chimico nella professione e ballerina di tango per passione.

Come io mi sorprendevo dei suoi racconti, lei si sorprendeva della mia curiosità a riguardo.
Le chiesi, sono sfacciato? Mannò, tutti i suoi amici dell'Europa del sud dimostrano incredulità per ciò che è prassi e normalità in Finlandia.

Occhio! Tampere, sauna e piscina per nudisti, appartengono alla realtà finalndese da non confondere con la Norvegia.
Qui nel Troms non ho visto niente di particolarmente eclatante a riguardo.

A volte, durante le giornate di sole, le donne stendono i panni in braghette e reggiseno. Molte delle giovani mamme hanno scoperto che la pelle dei bimbi si lava più facilmente e più velocemente dei panni quindi (d'estate) denudano le proprie creature di quattro o cinque anni, le cospargono di repellente per insetti e di crema solare e le lasciano libere di giocare nei cortili delle case.

L'effetto è un po' quello di villaggio africano solo che qui sono bimbi biondi e bianchi, ben nutriti e senza mosche in faccia.

Mesi fa a Verona, una ragazza che aveva fatto l'Erasmus a Bergen, mi raccontò che anche lei aveva notato qualcosa di diverso nel pudore nordico. Frequentava una palestra e una volta, nello spogliatoio, vide una ragazza locale che si truccava allo specchio. Cosa c'è di strano?

Che la ragazza, indossava solo un maglioncino dolcevita.

In Italia la maggioranza delle ragazze prima si mette le mutande e poi il rossetto.

Secondo voi questa disinvoltura nel mostrare il corpo è accompagnata da una facilità relazionale?
Ossia vale la relazione, mi trovo così bene fra le persone che posso anche spogliarmi?
Ebbene no, gli scandinavi vivono come in una bolla. Fluttuano silenzionsi nelle strade ignorandosi reciprocamente.

E' raro nella vita quotidiana assistere a conversazioni fra sconosciuti, non amano toccarsi ne tanto meno baciarsi.

Nel sud del mondo paradossalmente succede il contrario. Il motivo?

Non ne ho la più pallida idea.

Chi ha qualche teoria a riguardo si senta libero di condividerla con un commento al post.

Un ultimo punto.
Sui media locali (pubblicità, giornali, televisioni) non appaiono donne nude o seminude.
Le donne non sono considerate oggetto.




In Finlandia, dopo la sauna 90°C ci si tuffa in un lago con l'acqua a 1°C quando l'aria è a -11°C

11 agosto 2010

Iscrizione a Paper Blog

« Convalido l'iscrizione di questo blog al servizio Paperblog sotto lo pseudonimo dario »

8 agosto 2010

Segheria da campo II

Mangus invece era uno di quelli timidi e un po' ritardati. Mi faceva molta tenerezza. Lui aveva lasciato il centro da anni però aveva in grande considerazione Marcus e ogni estate veniva a visitarlo per qualche giorno. Un anno se lo è portato in un viaggio in Danimarca.

Ho letto ancora una volta nobiltà di spirito in Marcus. Ce lo vedete un ex deputato italiano che se la passa con un ragazzino ritardato che non è nemmeno suo parente?


Marcus dirigeva i lavori con ordini falsamente burberi ai quali però bisognava affrettarsi ad obbedire alternati ad incoraggiamenti “Very good! You're very clever!” Concedeva ai ragazzi il privilegio di guidare il suo trattore. I primi tre giorni lavorammo con il maltempo. Eravamo sferzati senza tregua da una pioggerellina fine ed obliqua, immaginate la poesia di quei momenti con la segatura che si incollava alle braghe fradice e la faccia bagnata e gocciolante. Facevamo una pausa caffé la mattina e una merenda il pomeriggio oltre alla pausa pranzo. Durante le pause si parlava norvegese quindi non so di preciso gli argomenti di conversazione ma il tono era lo stesso di quelle chiacchiere che scambiavo con i contadini di Verona e quindi, ne deduco i contenuti: aneddoti di lavoro, cronaca locale, scherzi.


Poi si lavorava. Apprezzavo il fatto che si stava conducendo il lavoro a regola d'arte. Il nostro prodotto erano tavole perfette come quelle che si comprano in una segheria industriale. Non bisognava “correggerle” o darle per buone anche se visibilmente imperfette. Il lavoro veniva condotto in tutti i suoi aspetti al fine di ottenere un prodotto di qualità e la qualità si vedeva e dava soddisfazione. Ci si faceva il mazzo tutto il giorno, sotto la pioggia, a spostare quintalate di tavole di legno però il risultato finale ti diceva che non avevi buttato il tuo tempo. Erano assi buone, da costruzione.


Dico questo perché a Verona, lavorando in una piccola associazione non sempre a fine giornata ero compensato con questa soddisfazione. Spesso, dopo aver inutilmente protestato con i superiori passavo la giornata a costruire staccionate con materiale inadatto e che quindi si sarebbero rotte presto, o tappato buche su strade che si sarebbero subito riaperte. Io potevo anche ingoiare il rospo tirando fuori la questione di rimediare la pagnotta quotidiana, la parte difficile era convincere i volontari (che non ci guadagnavano nulla) a prendere parte a questi interventi inutili.


A fine giornata si ritornava a casa. Mancava la first lady in visita alle sorelle di Oslo quindi improvvisavamo cene a base di pizze surgelate o di patate con salsicce annaffiate con aranciata. Mangus dopo la doccia indossava una canottiera a righe azzurre ed era sereno. Tutti oltre alla stanchezza provavamo una specie di serenità.


Vedi Mangus non so quale sfiga accompagni la tua vita. Marcus mi ha detto che forse non sai nemmeno leggere. Un analfabeta in un una nazione così avanzata. Non tutti siamo cavalli da corsa, si sa. Rilassati la maggioranza di noi è un mulo però anche da muli possiamo fare tanto, possiamo arrivare anche ad essere felici.


Percepisci anche tu questa serenità, questa cosa che assomiglia all'allegria? Stai pensando alla catasta di tavole perfette e alla nostra fatica? Hai visto il capo contento, hai visto il sow master felice di aver incontrato gente in gamba?


E adesso che c'è di più meraviglioso di sentirsi la pelle pulita e di questa pizza? Senti come è buona l'aranciata dopo il lavoro, come disseta. E là fuori c'è gente che mangia in qualche localino a lume di candela dopo aver imbrogliato il prossimo tutto il giorno.


Anche se non erediteremo il regno della terra c'è della grandezza nella nostra umiltà.


Gli ultimi giorni furono di bel tempo. Li occupammo ad accatastare le tavole. Eravamo circondati da centinaia di Kleg i tafani locali che ci pungevano senza pietà. Mangus li ammazzava e li metteva in fila su una tavola. Marcus e io non lo imitavamo ma guardavamo i cadaveri con soddisfazione.


Venerdì Marcus mi lasciò le redini del lavoro perché aveva un impegno. Finii la catasta sperando di non fare puttanate. Mi andò bene.

Nel pomeriggio venne la madre di Mangus e sua sorella.

Marcus chiamò Mangus e lo pagò del lavoro, gli fece firmare un modulo per le tasse e gli strinse la mano. Lo stesso successe a me.


In Italia potrebbe mai succedere questo? Ossia un lavoretto marginale non pagato in nero? Un piccolo gesto della vita quotidiana che possa essere timbrato con la scritta “Onesto”?

Nella mia città di gente perbene che va a Messa la domenica in tali occasioni abbiamo altre abitudini. Oltre ad un vergognoso gioco al ribasso spesso i soldi te li consegnano arrotolati direttamente in una tasca e chi si è visto si è visto oppure li si regista fra i “rimborsi vari”. Questo succede anche in realtà dove lo statuto in vigore prevede una certa statura etica.


L'amico antiquario di Verona mi ha spiegato bene l'altro giorno l'essenza fra il patto fra Berlusconi e gli elettori: “Qui, dal giorno stesso in cui il Berlusca ha vinto, la gente ha smesso di emettere fatture e ricevute, ed è andata al ristorante a festeggiare. Zero. Niente. Tutti: artigiani, idraulici, medici specialistici, commercianti. Ristoratori e albergatori le danno finte, nel senso che poi non le registrano. L'anticomunismo, la chiesa e le altre storie, perfino le televisioni, non c'entrano. La questione è che con quello là puoi evadere serenamente. Hanno votato Berlusconi per paura che Prodi e Visco gli mandassero la finanza”
Curzio Maltese – La Bolla


Forse l'amico antiquario non sa che i veronesi guidati dai talk show di Telenuovo non dormono la notte pensando allo spinoso problema degli immigrati e dei centri sociali che come è noto sono responsabili dell'attuale situazione di debito pubblico e decadenza sociale del Paese.

Segheria da campo I


Questa settimana è stata diversa.

Non ho vagato nella solitudine dei boschi ma sono stato membro di piccola squadra di lavoratori locali. L'obiettivo era quello di segare assi e tavole a partire da una quantità di tondame che Marcus il mio capo aveva stoccato allo scopo in un campo.


Ci siamo serviti di un impianto mobile, una sega circolare che funzionava alimentata dal motore di un trattore attraverso il giunto di cardano. Annoterò questo lavoro fra i più inusuali anche se il primo posto della classifica appartiene ancora a quel periodo in Messico quando ho seminato l'avena a mano come si faceva in Italia al tempo della pellagra.


La macchina non era altro che una sorta di lungo tavolone sopra il quale scorreva il tronco da segare con i centro la grande sega circolare.


Per capirci è lo stesso apparecchio usato dal cattivo di turno per segare il Batman degli anni '60 (quello in tutina grigia e con le maniglie dell'amore).”Riuscirà il nostro eroe a liberarsi e a catturare il perfido Joker? Lo scoprirete nella prossima puntata”. Ecco, quella.


Si lavorava come in una catena di montaggio.


C'era un operatore addetto al carico del tronco. Il tronco era appoggiato perpendicolarmente su dei binari di legno sui quali veniva fatto rotolare fino a dei bracci meccanici che lo sollevavano fino al piano di lavoro.


Un operatore (il saw master) manovrava alla centralina comandi. Era lui la mente di tutta l'operazione. Per ogni tronco doveva ricavare il massimo di assortimento legnoso sia in termini di quantità che di qualità riducendo di conseguenza lo scarto al minimo.

E' un ruolo per il quale è necessaria esperienza. Bisogna produrre infatti assi di dimensioni standard sia per quanto riguarda la larghezza, lunghezza e spessore, e i tronchi, come sappiamo, non hanno dimensioni standard.


Infine ci sono gli assistenti allo scarico incaricati di prelevare dal nastro le tavole segate e gli scarti e stoccarle nei rispettivi mucchi. Le uniche qualità richieste all'adetto allo scarico sono la vigilanza al processo e la velocità di azione dal momento che il saw master per procedere deve aspettare che siano rimossi gli scarti dal nastro. Più veloce lavora l'addetto allo scarico più si riducono i tempi morti.


Al carico c'era Marcus dotato di una forza sorprendente per un settantenne, il saw master era il proprietario della macchina, un ometto paffutto con barba e capelli grigi che ricordava vagamente un minatore fantasy o babbo natale se preferite. Allo scarico c'era invece un gruppo di operatori selezionatissimi, fra cui il sottoscritto. Scherzo non eravamo selezionatissimi e lo dimostra il fatto che i miei compagni erano ragazzi del centro di accoglienza di Marcus che, come ho già detto, non è proprio un'istituzione per bambini prodigio.


Erano due i cui nomi di fantasia sono Ole e Mangus. Ole era un ragazzino di colore (bruttino) di origini brasiliane che se ne andava vestito con braghe larghe felpa nera con cappuccio e capellino.

Guardandolo ciondolare riflettevo che i “bianchi” vestono con differenti stili mentre quelli di colore, a prescindere dalla nazionalità, pare provengano tutti dal Bronx.


E' uno stile che ha anche il suo fascino, almeno a detta di qualche ragazza, però io non lo percepisco anzi con la mia miopia e mancanza di gusto, braghe larghe, felpazze e cappellini lanciano un unico messaggio: sono un disadattato.

1 agosto 2010

Pentitevi peccatori!


Per qualche settimana ho vissuto in una casetta del centro di accoglienza diretto dal figlio del mio capo. Poi ho dovuto lasciare il posto ad un gruppo di prospettori danesi venuti nel Troms alla ricerca dell'oro. Sembra che piova sul bagnato in Norvegia. Dopo il gas e il petrolio ecco anche spuntare anche l'oro.
La casetta che vi ho già descritto in un precedente post contava di un televisore che però riceveva solo due canali. Uno era poker channel che trasmetteva ventiquattro ore su ventiquattro partite di poker nel magnifico scenario di luci di Las Vegas. Ventiquattro ore di primi piani di ceffi con gli occhiali da sole che perdevano vagonate di dollari. Un po' noioso, se vogliamo.
L'altro canale si chiamava invece “Life style TV”. Pensavo fosse un canale di intrattenimento di costume e società però mi sbagliavo. Era un canale tematico religioso.
Così, messo alle strette, almeno mezzoretta al giorno la passavo a seguire i sermoni dei pastori protestanti americani sottotitolati in norvegese.

Seguivo quelle trasmissioni con grandissimo interesse. Dopo ci riflettevo anche su.
Noi a Verona abbiamo Tele Pace che è un autentico gioellino. Esiste da sempre, non ha sponsor, non credo investano molto in tecniche della comunicazione eppure prospera. Sui banconi dei bar e dei negozi di Verona è sempre presente un'urna a forma di piramide con la scritta “Aiuta Tele Pace”. Alle quattro del pomeriggio trasmettono il rosario dal Santuario Madonna della Corona di Spiazzi. Pensavo fino a pochi mesi fa che fosse una diretta, invece un mio amico che saltuariamente collabora con Tele Pace mi ha confidato che si tratta di una registrazione. Da anni mandano in onda lo stesso rosario. Ci ho fatto caso e ho notato che è vero perché la gente è vestita come negli anni ottanta incluse le acconciature e le montature degli occhiali.

Fenomenale!
La trasmissione top però rimane: “Lettere al direttore”. Quando ero teenager la seguivo a spezzoni il sabato notte, tornato a casa dai bagordi, alternandola con i filmetti porno soft di Telenuovo.

Il format di “Lettere al direttore” è semplicissimo. Centinaia di vecchie scrivono le proprie storie di morte, solitudine e malattia a don Guido Todeschini che le legge e le commenta. Due sole inquadrature fisse: uno su don Guido a mezzo busto e una sul testo della lettera (quasi sempre scritto a mano).
Don Guido legge un paragrafo della lettera, fa una pausa tecnica guardando in camera (lo spettatore attento si accorge che ha un riporto che parte da un'orecchia e finisce in quell'altra) e lancia il suo motto:
“Avanti, coraggio!” che è più o meno lo stesso da anni ed è ad ampio spettro come il paracetamolo.
“Mio figlio è finito in galera”
“Avanti, coraggio!”
“Mio marito vuole divorziare!”
“Avanti, coraggio!”
“I reumatismi non mi lasciano dormire!”
“Avanti, coraggio!”
“Il mio nipotino non va a Messa”
“Avanti, coraggio!”
Fino ad arrivare alle inevitabili gaffe:
“Don Guido sono sull'orlo del baratro.”
“Avanti, coraggio!”
Non sono politicamente corretto nel mio scrivere ma sia ben inteso che se una trasmissione del genere porta a qualcuno un qualche conforto deve andare avanti.
E Radio Maria? Anche lì c'è la mano di Dio. La si prende ovunque anche sott'acqua e con qualsiasi vetusto apparecchio radiofonico. Mi sgomentano le analisi di attualità fatte da quegli anziani sacerdoti che, con voce stanca e pia, condannano al fuoco eterno giovani, omosessuali, divorziati e tutti coloro che in qualche modo non sono d'accordo con Papa e vescovi.

La loro frase immancabile è: “Che vergogna!”
Deve essere dura per quegli uomini di Dio vivere in un mondo dove la gente va avanti senza cagarli nemmeno di striscio.
Con “Life Style TV” invece mi sono immerso nel mondo protestante. Il minimo comune denominatore di tutte le trasmissioni protestanti è la presenza in studio di almeno una bibbia rilegata in cuoio nero che viene puntualmente consultata per rafforzare le varie tesi.
I pastori vestono in maniera molto formale, quasi pomposa. Doppio petto, grigio o nero, camicia bianca e cravatta colorata. Si presentano perfettamente sbarbati e pettinati in un ambiente pulito, lucido e sobrio abbellito solo da qualche pianta in vaso in ottime condizioni.
Qui si nota che hanno studiato tecniche della comunicazione e anche la regia delle trasmissioni è più efficace.
Ciò non toglie che vengano dette ugualmente tonnellate di stronzate. Ci sono pastori che raccontano le loro esperienze extra sensoriali, il fatto per esempio che si sentivano oppressi durante il sonno giustificandoli con la storia degli angeli caduti che tentavano di ucciderli. Secondo voi il signore del male tenta di uccidervi sedendosi sulla vostra pancia mentre dormite? Sarebbe molto maldestro. Di certo non è perfetto e fantasioso come Dio che ci uccide tutti con tumori, infarti, malattie degenerative ecc.
Altri pastori invece dichiarano che Dio ama gli Stati Uniti più dell'Europa e del Medio Oriente perché solo gli USA sono i veri paladini della democrazia e della libertà. Anche qua ci sarebbe da discutere. Ciò che sospetto è che per il Dio che governa l'Universo abbia poca importanza l'attuale mappa politica. E poi ci sono quelli che usando la Bibbia dimostrano la superiorità del credo protestante su quello cattolico. Il problema è che con la Bibbia si può dimostrare tutto.
Quel pastore citando dieci passi della Bibbia dimostra la superiorità dei protestanti? Bene io chiamo il sacerdote di Radio Maria (quello che dice: “Che vergona! Che vergogna!)e gli chiedo di trovarmi fuori undici passi che diano ragione a noi. Però capite la stronzata?
Con la Bibbia si può dimostrare qualsiasi cosa: che hanno ragione i protestanti, che hanno ragione i cattolici, che la Terra è piatta, che le streghe esistono, che le streghe non esistono, che si possono bruciare gli eretici, che non si può uccidere, che la guerra è giusta ecc. E' buona per tutto.
Ora a me va anche bene che la gente creda a queste cose però Obama adesso mi dai la valigetta della bomba atomica che la tengo io che di voi non mi fido più molto.
Ricordo questi ultimi anni trascorsi con i volontari internazionali. Più o meno litigavano per qualsiasi cosa però non ricordo dispute religiose. E sapete perché? Perché non si parlava di religione.

Che sia questa la chiave?

Mannò dai! Pentiamoci dunque e salviamoci dal fuoco eterno!

Due mesi di solitudine


Che rapporto avete con la solitudine? Vi è mai successo di vivere per un tempo senza altri esseri umani nei paraggi? Solo immaginarlo spaventa, vero? I miei contatti con il mondo sono fatti di telefonate, mail, libri e canzoni.

Con la gente locale ovvero con la famiglia del mio capo parlerò mediamente cinque minuti al giorno. I valligiani sanno di me però non fanno a pugni per venirmi a conoscere e mancando qui luoghi di aggregazione sociale quali bar e piazze la cosa si fa difficile anche per me. In bosco sono completamente solo.

E' in quel contesto che l'esperienza della solitudine si fa totale.
Ci sei tu e basta.
Ad istinto ci verrebbe da rifiutare una situazione del genere ed io inganno il cervello come in altri contesti spiacevoli convincendomi che è una situazione temporanea e che il tempo vola. Ed è vero, sono già passati due mesi.
Durante il lavoro quindi chiacchiero con me stesso. Mi racconto la mia vita, analizzo situazioni, mi do la mia opinione sui fatti di attualità, sulla politica, sul lavoro. Mi diverto a fare ritratti di persone. Mi chiedo, che ne pensi di tizio o di tizia? La mia mente dispone anche di una discreta biblioteca e rievoco brani di libri letti o di film visti. Anche in questo caso mi diverto a stilare analisi e commenti. Jhon Fante povero e Jhon Fante ricco. Steinbeck e il mondo agricolo. In “Furore” parlava già di uso sostenibile delle risorse. La poesia di “Uomini e topi”. Il tutto ovviamente un po' sconclusionato come lo è ogni flusso di pensiero.
Infine riemergono i ricordi personali e i volti delle persone. Allora cala la malinconia. Converso con le ragazze che ho amato e perduto i cui visi delle volte hanno perso molti dettagli. Quelle che ho avuto e quelle che mi hanno respinto. E alla fine mi trovo a sospirare ...sarebbe bello che... ah! se fosse andata in un altro modo... Ah! Se lo avessi capito prima...Ah! se fossi stato diverso... Ah se non avessi indugiato... poi il tutto sfuma e, se allungo un braccio, non tocco niente.
Gli amici. Le serate di baldoria in montagna. Il sentirsi un gruppo. La birra. Le ore piccole. Guardare le stelle prima di andare a letto. Raccontatemi di una festa. Su raccontatemi degli ubriaconi, di paese, delle ragazze facili. Dobbiamo sbronzarci, dobbiamo scoparcele tutte, dobbiamo andare al mare e guardare le onde di notte e respirare la salsedine.
Dove siete amici?
E poi la solitudine ti fa l'ultimo scherzo, forse il più duro. Cominci a pensare che niente importa e che tutto è profondamente sbagliato.
Qui però entra in gioco la virtù che mette fine a queste stronzate ricordandoti che la mente il più delle volte partorisce pensieri che non ti appartengono.
Se devo stare qui fino ad ottobre preferisco deprimermi o uscirne migliore?
Così mi sono fatto mandare dall'Italia un I-pod e l'ho riempito di musica e di pod cast di trasmissioni di approfondimento ed altre di intrattenimento leggero, corsi di spagnolo e inglese.
Adesso in bosco mentre lavoro chiacchiero con me stesso, canto, imparo le lingue e seguo l'attualità.

Insomma sono ancora in piedi.

Non preoccuparti piccola, per me il pericolo è routine.


Cosa è successo in queste settimane? Niente di importante, ho solo rischiato di rimetterci un occhio e rompermi la testa.

Vi racconto prima quella dell'occhio.
Una mattina stavo lavorando tranquillamente e in letizia nel solito bosco quando ho sentito una puntura alla nuca. Pensavo fosse un ago di pino che si era incastrato però no, era qualcosa che seguitava a pungere con ferocia. Ho provato ad allontanare la “cosa” con la mano e me la sono fatta sotto quando ho scoperto che si trattava di un vespone grande quanto un accendino.
Ho corso inaspettatamente veloce con tutta quell'armatura anti infortunistica addosso. Poi ho aspettato che mi passasse la fifa prima di tornare sui miei passi.

Ma non era finita.
All'improvviso ho sentito un ronzio minaccioso, con la coda dell'occhio ho visto un puntino nero che si ingrandiva. In meno di un secondo il vespone mi aveva raggiunto, era riuscito, non so come, a passare la lente degli occhiali pronto per pungermi direttamente nell'occhio. Ho lanciato via gli occhiali con dentro la vespa la quale mi aveva già morso la palpebra. Questa volta corsi ancora più veloce e ancora più lontano con l'occhio che si gonfiava. A casa risolsi tutto applicando una crema dopo puntura però non vi dico che fifa che ancora adesso mi viene quando sento un ronzio.
Si può dire che è il primo insetto mangiatore di uomini che ho incontrato nella mia vita.
La testa invece me la stavo rompendo per via di un un albero che si era incastrato su un tronco inclinato. L'attrito fra le due cortecce faceva sì che l'albero tagliato non si muovesse. Poi però cominciò a piovere e l'acqua rese sdrucciolevole la corteccia proprio mentre passavo di là.
Il colpo fu come uno sberlone mollatomi direttamente da Dio. Proprio sulla tempia.
Appena mi resi conto di ciò che era successo con un discreto spavento cominciai a darmi il primo soccorso proprio come mi avevano insegnato al corso sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Chiaro secondo il protocollo avrebbe dovuto farlo un collega però ero solo.
Dunque respiro? Sì. Ho battito? Sì. Sono cosciente? Sì. Sanguino? No. Casco rotto? no. Occhiali? Eccoli qua, neanche un graffio.
Mi immaginavo di avere la faccia viola e chissà forse uno zigomo fratturato. Invece mi è andata bene, la botta quasi non si vede.
Per fortuna avevo il casco.
Chi legge questo post si ricordi solo l'ultima frase: “Per fortuna avevo il casco”

Tusen Takk!

Sapete, siete circa in quaranta a seguire questo blog e ciò mi fa piacere perché non credevo che tanti fossero interessati a leggere le mie riflessioni.

Chiaro che un blog serio conta migliaia di visite giornaliere e a confronto il mio è cosa modestissima però la vedo bene e quaranta è il numero ideale per riempire una sala di una pizzeria per una cenetta conviviale.
Siete un pubblico scelto e colto e vi premio non aggiungendo al blog quelle cose da basso proletariato come banner di suonerie di cellulari, di siti di gioco d'azzardo e di siti porno a pagamento rinunciando agli introiti. Lo sapevate vero che se perdete tutti i vostri risparmi giocando a poker in internet parte di essi vanno a chi ha ospitato il banner galeotto? Poca roba, s'intende però è tutta una sporca filiera, dal grande trafficante allo spacciatore di quartiere.
Giocheremo pulito continueremo a parlare di Norvegia, di lavoro in bosco e di vita! Polemizzeremo un po' se necessario, ma niente colpi bassi.
Molte grazie! Tusen Takk!