1 agosto 2010

Non preoccuparti piccola, per me il pericolo è routine.


Cosa è successo in queste settimane? Niente di importante, ho solo rischiato di rimetterci un occhio e rompermi la testa.

Vi racconto prima quella dell'occhio.
Una mattina stavo lavorando tranquillamente e in letizia nel solito bosco quando ho sentito una puntura alla nuca. Pensavo fosse un ago di pino che si era incastrato però no, era qualcosa che seguitava a pungere con ferocia. Ho provato ad allontanare la “cosa” con la mano e me la sono fatta sotto quando ho scoperto che si trattava di un vespone grande quanto un accendino.
Ho corso inaspettatamente veloce con tutta quell'armatura anti infortunistica addosso. Poi ho aspettato che mi passasse la fifa prima di tornare sui miei passi.

Ma non era finita.
All'improvviso ho sentito un ronzio minaccioso, con la coda dell'occhio ho visto un puntino nero che si ingrandiva. In meno di un secondo il vespone mi aveva raggiunto, era riuscito, non so come, a passare la lente degli occhiali pronto per pungermi direttamente nell'occhio. Ho lanciato via gli occhiali con dentro la vespa la quale mi aveva già morso la palpebra. Questa volta corsi ancora più veloce e ancora più lontano con l'occhio che si gonfiava. A casa risolsi tutto applicando una crema dopo puntura però non vi dico che fifa che ancora adesso mi viene quando sento un ronzio.
Si può dire che è il primo insetto mangiatore di uomini che ho incontrato nella mia vita.
La testa invece me la stavo rompendo per via di un un albero che si era incastrato su un tronco inclinato. L'attrito fra le due cortecce faceva sì che l'albero tagliato non si muovesse. Poi però cominciò a piovere e l'acqua rese sdrucciolevole la corteccia proprio mentre passavo di là.
Il colpo fu come uno sberlone mollatomi direttamente da Dio. Proprio sulla tempia.
Appena mi resi conto di ciò che era successo con un discreto spavento cominciai a darmi il primo soccorso proprio come mi avevano insegnato al corso sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Chiaro secondo il protocollo avrebbe dovuto farlo un collega però ero solo.
Dunque respiro? Sì. Ho battito? Sì. Sono cosciente? Sì. Sanguino? No. Casco rotto? no. Occhiali? Eccoli qua, neanche un graffio.
Mi immaginavo di avere la faccia viola e chissà forse uno zigomo fratturato. Invece mi è andata bene, la botta quasi non si vede.
Per fortuna avevo il casco.
Chi legge questo post si ricordi solo l'ultima frase: “Per fortuna avevo il casco”

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