Questo progetto, che io reputai intelligente, scandalizzò una ragazza che indossava ampi pantaloni color viola tipo Aladino, e aveva i polsi ornati da chiassosi braccialetti colorati. Per lei era inaccettabile. Le mucche, diceva, a fine carriera vanno liberate.
24 luglio 2010
Ti piace cacciare? III
Questo progetto, che io reputai intelligente, scandalizzò una ragazza che indossava ampi pantaloni color viola tipo Aladino, e aveva i polsi ornati da chiassosi braccialetti colorati. Per lei era inaccettabile. Le mucche, diceva, a fine carriera vanno liberate.
Ti piace cacciare? II
Penso che in linea generale possiamo servirci dei frutti e delle risorse del nostro pianeta nella maniera che preferiamo senza però esaurire le risorse stesse o creare impatti insostenibili per l'ambiente. Ciò per fini squisitamente antropocentrici. Al nostro pianeta infatti non importa essere depredato o avvelenato ma l'umanità che è legata indiscutibilmente all'ambiente potrebbe vivere amaramente.
Ti piace cacciare?
“Mi piace andare in discoteca” - Truzzo
“Vado allo stadio a vedere l'Hellas” - Teppista.
“Vado in piazza a bere e ballare” - Comunista
“Vado nei localini in” - Cagone
“Vado a feste a casa di amici” - Zuzzurellone, forse anche scroccone.
“Vai a caccia? Ti piace pescare?” Se si risponde di sì allora ci si comincia a scambiare storie di caccia e di pesca ricche di aneddoti gustosi.
E' questione di come si cammina II
E' dunque un momento sacro, non si scherza, non si chiacchiera, non ci si perde a guardare il paesaggio.
Se succede, no panic, informate il capo (senza cacciar palle) di ciò che è successo e apprendete dall'errore.
Descrivervi il passo ideale è difficile. Ci provo. Bisogna che il passo sia elastico, deciso, rapido ma senza evidenziare una fretta ingiustificata. Deve essere un passo energico e positivo.
Nemmeno loro sono finiti nell'albo d'oro.
E' questione di come si cammina
La questione economica quindi sarà argomento dei prossimi post.
· Obiettivi: Migliorare la fruibilità di un'area verde, mantenere un parco ecc.
· Azioni: taglio dell'erba, raccolta dei rifiuti, messa a dimora degli alberi
· Composizione squadra di lavoro: con eventuale presentazione agli altri membri
· Macchine e attrezzi: descrizione dei principali attrezzi con i quali si lavorerà
· Orario di lavoro: quando si comincia, quando si finisce, giorni di riposo ecc.
· Retribuzione: quando c'è.
E' bene che facciate capire che siete interessati sopratutto ai primi due punti del discorso. Se avete dubbi o domande inerenti potete farle. Anche qua siate naturali, non serve atteggiarsi o dimostrare chissà cosa.
13 luglio 2010
Skål II
Pensate, nel mondo, quando qualcuno vuole fare un dono di qualità regala il nostro vino. Il nostro vino!
Skål
Prima di sederci consumammo un aperitivo in piedi che consisteva in un bicchiere (o più) di vino bianco spagnolo. L'atmosfera era formale. La maggioranza degli invitati erano parenti di Marcus e della moglie più qualche amico.
Il ladro semplicemente ha accostato la moto vicino alla macchina nella quale viaggiavano che era ferma in coda. Dopo ha aperto la portiera ricevendo i saluti del fratello della vichinga, si è impossessato della borsa appoggiata sul sedile ed è scappato.
La cosa buffa era la denuncia a gesti ai carabinieri napoletani che non parlavano inglese. A parte questo, come ho detto, l'Italia le piaceva.
Biografia del Boss
Paese al Berlusca), altri parcheggiati ad un tavolino con il bicchiere di bianco, altri che costruiscono orti abusivi fortificati con lamiere e filo spinato, altri vivono nel sospetto, altri nella malinconia, altri si abbandonano alla religione e alle analisi sociali di Radio Maria, altri battono il territorio alla ricerca di cantieri e scavi, altri seguono il proprio cane al parco armati di paletta e sacchetto.
Marcus (nome di fantasia), il mio capo, è uno di quelli. Diciamo che è nato sotto una buona stella.
Intrallazzi e compromessi ci sono dappertutto, fa parte dell'amaro gioco del potere.
Il centro conta di una quindicina di case sparse nel territorio e una ventina di dipendenti fra educatori, amministrazione e addetti alle manutenzioni.
Punto della Situazione
Ho soltanto cambiato casa.
Sembra incredibile ma nella valle di Målselv è difficile trovare appartamenti vuoti. Provammo prima con il genero del mio capo che aveva una casa nel centro di Rund Haug che in dicembre sarebbe stata trasformata in uno studio medico nel quale si sarebbe installata la moglie.
L'unica pecca è fuori dalla zona wireless e quindi non posso connettermi ad internet.
4 luglio 2010
Selvicultura in Pillole IV
Li consultano le guardie forestali, gli addetti alla martellata (cioè chi sceglie le piante da abbattere) Il numero di metri cubi di legname che si possono prelevare da una particella non possono superare quelli prescritti nel piano.
Facciamo un bilancio. Il bosco cresce di 66000 metri cubi all'anno e ne portiamo a casa 8000.
Il bosco nonostante il nostro prelievo cresce quindi di 58000 metri cubi (1,45 mc /ha).
Selvicultura in pillole III
Selvicultura in pillole II
· Legno
· Frutti (castagne, pinoli, mirtilli, funghi)
· Piante medicinali
· Resina ed estratti (es: olio di pino, sughero ecc.)
· Selvaggina
E le esternalità ossia tutti quei benefici che ci dà il bosco che però non hanno un valore di mercato e per valutarle bisogna ricorrere all'estimo. Sono tante, quelle che mi ricordo sono:
· Funzione idrogeologica (previene frane e valanghe)
· Funzione depurativa (riduce l'inquinamento di aria, acqua e rumori)
· Funzione paesaggistica
· Funzione ricreativa
· Funzione culturale / religiosa (alcuni boschi sono aree sacre per gli indigeni)
· Serbatoio genetico e di biodiversità
Qualcuno potrebbe obiettare che si potrebbe fare a meno del legno e ricorrere ad altri materiali da costruzione ed energetici. Il legno invece è un ottimo materiale, con le nuove tecnologie si può fare qualsiasi cosa. Ed è un materiale la cui lavorazione produce meno impatti sia dal punto di vista energetico sia riguardo alla produzione di rifiuti (E' completamente riciclabile). E spesso lo si può lavorare a filiera corta.
Selvicultura in pillole I
Facciamo finta che l'uomo con le sue avide zampacce non esista. Facciamo uno sforzo di immaginazione e visualizziamo un ampia superficie sulla quale sono piovuti migliaia di semi di alberi di pino silvestre e betulla. E' una tipica situazione norvegese. Che cosa succede?
Nei primi anni assisteremo alla germinazione dei semi e la superficie si riempirebbe di rinnovazione, ossia giovani alberi di altezza inferiore al mezzo metro, il fusto elastico e sottile.
La densità degli alberi è altissima, attraversare a piedi quella superficie sarebbe piuttosto impegnativo. Con passare delle stagioni noteremo la scomparsa di tutti quegli alberi i cui semi sono germinati in posti sfigati; troppo aridi, troppo umidi, interessati da violente slavine ecc.
Successivamente si instaura una lotta senza quartiere fra gli alberi per raggiungere la luce. Chi cresce più in fretta e raggiunge il piano dominante riesce a svilupparsi e ad esprimere tutto il suo potenziale biologico, gli altri soggetti, quelli più bassi relegati al piano dominato con il passare degli anni muoiono.
E' una situazione comune anche in Italia. Fatevi un giro in montagna, entrate in un bosco e confrontate il numero di piante adulte con il numero di piante giovani. La differenza è notevole.
Apprezzerete anche il fatto che la distanza fra due piante adulte è maggiore rispetto alla distanza di due piante giovani. Perché? Perché l'albero adulto ha bisogno di uno spazio vitale più ampio e se lo crea ombreggiando i suoi vicini e conducendoli a morte.
Dopo circa un centinaio di anni il nostro bosco sarà composto di alberi adulti ovvero maturi. Si tratta degli alberi più forti cioé quelli dotati di un buon patrimonio genetico, cresciuti in un'area favorevole e che hanno avuto culo. Sono i vecchi e saggi alberi ai quali si chiede consiglio distesi alla loro ombra, gli stessi che pero' hanno sterminato fratelli e cugini. Sono loro che si impollinano vicendevolmente e disseminano la nuova generazione.
Dopo si fanno vecchi e deboli.
Non muoiono nel sonno né tanto meno soffrono di infarti o ictus, semplicemente nella loro debolezza non riescono a contrastare gli attacchi di funghi ed insetti i quali se ne cibano e li portano a morte. Un albero morto schianta ovvero cade a causa di vento, neve o pioggia e libera il suo spazio vitale per la nuova generazione e via così per secoli fino a quando non succede qualcosa di catastrofico tipo un eruzione vulcanica, un grande incendio, un cambiamento climatico, un alluvione ecc.
Questa che vi ho descritto è in sintesi la premessa per i discorsi che verranno. Si evince che
- Il bosco non ha bisogno dell'intervento dell'uomo.
- Il bosco segue un ciclo vitale dinamico nel tempo.
- La maggioranza del popolamento di un bosco muore prima di raggiungere lo stadio maturo.
Killer di alberi
Sulla coscienza ne ho più di un migliaio, di alberi intendo, quasi tutti di piccole o medie dimensioni.
Li ho abbattuti.
Esistono persone e non sono poche che davvero non approvano il mio operato. Non qui in Norvegia, chiaro, qui chiunque, anche chi si occupa d'altro, sa cosa avviene in un bosco.
In Italia ho avuto invece più problemi paradossalmente con chi sosteneva interesse e conoscenze di temi ambientali. Mi occupavo del mantenimento del verde di due parchi urbani. Uno, molto bello, include anche un bosco che per anni è stato lasciato a se stesso a deperire. Quando riferivo di aver compiuto uno sfollo (ossia una riduzione del sottobosco), o un diradamento selettivo (taglio di piante, malate, morte, o pericolosamente instabili) nella migliore delle ipotesi mi veniva risposto: “Sì, ma non esagerare, mi raccomando”, altre volte erano alzate di spalle come se si trattasse di un viziaccio che proprio non volevo levarmi, altre volte andava anche peggio.
Un pomeriggio per esempio stavo lavorando in un'area particolarmente impenetrabile, vicino ad un muro di cinta. Gli alberi stavano crescendo così vicini al muro da minacciarne con le radici e i tronchi la stabilità. Bisognava aprire un corridoio di due metri. Un lavoraccio tra edere, rovi, ramaglia e alberi storti. Era un lavoraccio perché a nessuno era mai venuto in mento di farlo prima quando la situazione era più gestibile.
Ad un tratto mi si avvicinò un vecchietto apparentemente gioviale, uno di quelli che portano a spasso il cane. “Ah, ma qui si taglia”. Disse. “Perspicace” Pensai.
“Si taglia, direi, selvaggiamente”. E poi mi fece una conferenza sulla sua vita specificandomi il suo inossidabile impegno ambientale e la sua vigilanza per parchi e giardini. Per prevenire un attacco d'ansia dovetti fermarlo. “Vada, vada con il cagnolino che deve fare i suoi bisogni”.
Quella volta, perché sono gentile, mi limitai a mandare a cagare il cane.
Ma mi accadde anche di peggio.
Fra le varie realtà che usufruiscono di quel parco c'è anche una piccola scuola elementare.
Apro una parentesi. Come sapete i bambini della mia generazione (quelli degli anni '80) erano un po' diversi nel comportamento dagli attuali e anche i sistemi con i quali gli adulti trattano i bambini hanno subito sostanziali modifiche nel tempo. Per esempio noi non avevamo nessun problema a rompere le palle a coetanei o a bambini più piccoli ma con i grandi e per grandi si poteva trattare di differenze di solo quattro o cinque anni c'era un grande rispetto. Perché? Perché il grande, se dubitava una mancanza di rispetto, non si sarebbe fatto problemi a darti uno spintone e un paio di cazzotti. Se poi riferivi il fatto alla mamma lei non faceva una piega. Ben ti sta così impari.
Le cose andavano così. E si imparava in fretta.
Ora non più. Ora con i bambini bisogna parlare e confrontarsi da pari (e portarli conseguentemente dallo psicologo). Più di una volta nel parco (con la mia mentalità anni '80) mi sono trovato in questa situazione. Partivo dal magazzino con il trattore e gli attrezzi e lungo la strada mi si parava innanzi uno di questi bambini. Si piazzava proprio al centro della strada e apriva le le braccia. Dovevo schiacciare il freno. Rendetevi conto, schiacciare il freno, bloccare la macchina. Negli anni '80 l'unica ragione ammissibile ad un tale affronto era un'emergenza. “Presto, vieni, Tizio non respira più”.
No, il pargolo perfettamente a suo agio, sorridente e sicuro di sé ti chiedeva: “Che cosa fai?” Negli anni ottanta l'adulto ti avrebbe guardato brutto e nella migliore delle ipotesi ti avrebbe risposto: “Sono fatti tuoi?”, ma proprio solo quelli in odore di santità. Penso, se scendo e gli do quello che merita dopo c'è il penale, se mi limito a mandarlo a cagare me la devo vedere con la mamma una di quelle donne danarose e disagiate che vivono in una realtà parallela e si sfogano litigando con prossimo.
Dunque dovevo capitolare.
“Vado a lavorare”.
“Vai a distruggere gli alberi”
“Vado a sistemare il bosco”
“Perché vai a distruggere tutti gli alberi?”
“Un giorno te lo spiegheranno i maestri ma non vado a distruggere gli alberi”. Però non credo che i maestri l'abbiano ancora fatto in maniera esauriente, altrimenti non si spiegherebbero queste prese di posizione.
Per quanto riguarda i bambini sospetto che nonostante tutta la bambagia nella quale vivono non saranno esentati dalla selezione naturale che avverrà solo un po' più avanti nel tempo quando avranno barba e peli e dovranno vedersela con tutti gli stranieri scaltri cresciuti in situazioni più stoiche, che li raderanno al suolo sia a livello umano che professionale.
Ciò che mi interessa è invece far chiarezza sul bosco, il taglio degli alberi e la questione ambientale perché quando hanno inventato la parola disinformazione era appunto per descrivere l'attuale situazione al rispetto. Deforestazione, taglio degli alberi, uso del legno, sono tutti termini per la maggioranza delle persone hanno pressoché lo stesso significato.
Luis Sepulveda scriveva in un suo racconto un elenco di cose che lo rattristano. Fra di esse compare anche il rumore della motosega.
Dedicherò qualche post sull'argomento. Cerchiamo di far un po' di luce.
2 luglio 2010
A te piaceva Ingrid III
Mentre lei trafficava in the basement io mi tormentavo in camera camminando avanti e indietro.
Sapevo che non l'avrei più rivista. Quando la sentii uscire, preso dall'ansia, afferrai la macchinetta usa e getta di cartone. Mi precipitai fuori e le chiesi il permesso di scattarle una foto.
Lei mi guardò meravigliata come se le avessi chiesto di tirarmi su la zip dei pantaloni però acconsentì. Suo fratello, alla finestra, stava assistendo alla scena e rideva.
Vorrei proprio mostrarvi quella foto, ragazzi. Negli anni a seguire mi capitò spesso fra le mani.
Lei a figura intera, espressione sorridente, senz'altro pensava “Ma ne hai altre?” indossa un paio di ciabatte di plastica nere, il pantalone di una vecchia tuta sportiva, una canottiera colorata. A lato due sacchetti di plastica del supermercato pieni.
Ecco come ho immortalato il mio fiore norvegese.
Il Dario trentenne sfotte spesso quello ventiduenne. Gli dice: “Se non puoi scopartela, falle almeno la foto, eh!”
Da allora non l'ho più rivista né ho cercato di mettermi in contatto con lei.
Dopo otto anni sono di nuovo in Norvegia. Adesso lavoro nei boschi vicino a casa sua, dove probabilmente da bambina lei andava a raccogliere i mirtilli o a giocare.
Una sera il mio capo mi dice, a te piaceva Ingrid. E io rispondo, mi ricordo, mi ricordo bene di lei. E non dico altro. E lui mi racconta cosa ne è stato di Ingrid.
Si è laureata in Australia, poi è tornata in Norvegia, ha avuto un ragazzo per alcuni anni però non ha funzionato così è tornata a Melbourne per fare anche un Master.
Ora è lì. Un posto più lontano di Melbourne credo sia la luna.
Se scrivo il suo nome su facebook appare una sua foto. Anche questa in bianco nero. Lei di spalle, schiena nuda, ha una tavola da surf sottobraccio. In testa un berretto viola, unica nota di colore nella foto.
Facebook mi fa presente che Ingrid non condivide tutte le sue informazioni personali con tutti, che scoperta! Se voglio posso chiederle l'amicizia o mandarle un messaggio.
Non farò niente di tutto questo. Mi limiterò a fare un bel lavoro al suo bosco.
Quando tornerà fra qualche mese o fra qualche anno sarà il mio lavoro ad aspettarla. Un bosco perfettamente diradato, pini che crescono dritti, incremento legnoso massimo, pochi cespugli così si può passeggiare all'interno per raccogliere i mirtilli. Io sarò il mio lavoro.
E se guardando il suo bel bosco curato con amore e con perseveranza cercherà l'uomo allora proverà amarezza perché, Ingrid, tu mi cercherai ma io non sarò più.
1 luglio 2010
A te piaceva Ingrid II
Eh sì, piccola città di provincia tana di bigotti e ignoranti! E' la mia città per bacco! E non ti colpisce?
Raccontava il tutto in un inglese meraviglioso, decisamente meglio del mio, maccheronico e con abbondante grana padano.
Fra qualche settimana sarebbe andata a Londra a fare un po' di shopping.
Shopping a Londra? Ossia prendere un areo per andarsi a comprare dei vestiti? Pensavo lo facessero solo le star di Hollywood. Andiamo avanti, e gli studi?
Certo gli studi. In settembre sarebbe partita per L'Australia, Melbourne, per laurearsi in tecniche della multimedia. Il suo programma risultava cento volte più prestigioso rispetto alle mie modeste intenzioni alla facoltà patavina. All'epoca mi sarei cagato sotto al pensiero di andare a studiare in un altro stato. Vivevo abbastanza umiliazioni in nella mia lingua immaginati in inglese.
Rimasi a bocca aperta.
In questo piccolo paesino sperduto sopra il circolo polare mi ritrovavo in compagnia di una ragazza bella, intraprendente, ricca e matura. Cosa potevo raccontarle? Niente e lei mi tolse d'impaccio perché non mi fece nessuna domanda.
Dopo aver scritto a casa che tutto andava alla grande mesto mesto pensavo: e io cosa sono? Uno sputacchio di mediocrità made in Italy. Non avevo nemmeno scritto io all'amica norvegese di mia madre per mettermi d'accordo sui dettagli di questa esperienza. Un bimbo, praticamente.
Qualche giorno dopo il padre di Ingrid, il mio vicino di casa, mi propose di salire in macchina con lei che andavano al negozio di alimentari così avrei capito dov'era.
Guidava lei. Ossia tutto questo che vi ho scritto più il fatto che guidava lei. Il mio atteggiamento era leggermente umile. Caricai le borse della spesa in bagagliaio e nella strada del ritorno dissi:
“Senti Ingrid, ogni tanto potremo farci qualche altro giro insieme così mi fai conoscere i dintorni”. Era una proposta gentile, senza allusioni (e come potevo farne?). La risposta fu:
“Perché non ci vai con mio padre? Lui sa un sacco di cose”.
Si certo, poteva anche andarmi peggio, penserete voi. Poteva darmi uno schiaffo e obbligarmi a scendere in mezzo al niente magari dandomi dello stronzo. Però anche così, credetemi, brucia.
Nei successivi tre mesi ci scambiammo credo cinquanta parole incluse congiunzioni e avverbi.
Per inciso, non era incazzata con me. Con senno di poi l'atteggiamento era dovuto alla normale cultura nordica e al disinteresse per me.
A me invece piaceva. La sorella soffriva di un disturbo psicologico che le impediva di avere relazioni con gli altri e quindi era perdonata.
Insomma, per quello che ne sapevo Ingrid era l'unica ragazza in un raggio di decine di chilometri quadrati. Quando andavo a far visita ai vicini per mandare le mie mail, Ingrid non interrompeva le sue faccende per offrirmi che so un te, un caffé o chiedermi: “How was your week?” Io la salutavo con un cenno e un sorriso.
A casa trovai una cornice con una foto sua in bianco e nero che la ritraeva sorridente. Misi la foto sul comodino. Poi un giorno feci una foto della foto con una macchinetta usa e getta. Le fotocamere digitali agli inizi del decennio erano pressapoco come i cellulari degli anni '80. Nel 2000 negli Stati Uniti mi era capitato di usarne una. Bisognava inserire un floppy disk. Dopo tre foto il floppy andava sostituito perché era pieno. Immaginate un po'.
La foto della foto di lei. Riuscite ad immaginate un momento più basso della vita di un uomo?
Ebbene ci fu. (Continua)