Sulla coscienza ne ho più di un migliaio, di alberi intendo, quasi tutti di piccole o medie dimensioni.
Li ho abbattuti.
Esistono persone e non sono poche che davvero non approvano il mio operato. Non qui in Norvegia, chiaro, qui chiunque, anche chi si occupa d'altro, sa cosa avviene in un bosco.
In Italia ho avuto invece più problemi paradossalmente con chi sosteneva interesse e conoscenze di temi ambientali. Mi occupavo del mantenimento del verde di due parchi urbani. Uno, molto bello, include anche un bosco che per anni è stato lasciato a se stesso a deperire. Quando riferivo di aver compiuto uno sfollo (ossia una riduzione del sottobosco), o un diradamento selettivo (taglio di piante, malate, morte, o pericolosamente instabili) nella migliore delle ipotesi mi veniva risposto: “Sì, ma non esagerare, mi raccomando”, altre volte erano alzate di spalle come se si trattasse di un viziaccio che proprio non volevo levarmi, altre volte andava anche peggio.
Un pomeriggio per esempio stavo lavorando in un'area particolarmente impenetrabile, vicino ad un muro di cinta. Gli alberi stavano crescendo così vicini al muro da minacciarne con le radici e i tronchi la stabilità. Bisognava aprire un corridoio di due metri. Un lavoraccio tra edere, rovi, ramaglia e alberi storti. Era un lavoraccio perché a nessuno era mai venuto in mento di farlo prima quando la situazione era più gestibile.
Ad un tratto mi si avvicinò un vecchietto apparentemente gioviale, uno di quelli che portano a spasso il cane. “Ah, ma qui si taglia”. Disse. “Perspicace” Pensai.
“Si taglia, direi, selvaggiamente”. E poi mi fece una conferenza sulla sua vita specificandomi il suo inossidabile impegno ambientale e la sua vigilanza per parchi e giardini. Per prevenire un attacco d'ansia dovetti fermarlo. “Vada, vada con il cagnolino che deve fare i suoi bisogni”.
Quella volta, perché sono gentile, mi limitai a mandare a cagare il cane.
Ma mi accadde anche di peggio.
Fra le varie realtà che usufruiscono di quel parco c'è anche una piccola scuola elementare.
Apro una parentesi. Come sapete i bambini della mia generazione (quelli degli anni '80) erano un po' diversi nel comportamento dagli attuali e anche i sistemi con i quali gli adulti trattano i bambini hanno subito sostanziali modifiche nel tempo. Per esempio noi non avevamo nessun problema a rompere le palle a coetanei o a bambini più piccoli ma con i grandi e per grandi si poteva trattare di differenze di solo quattro o cinque anni c'era un grande rispetto. Perché? Perché il grande, se dubitava una mancanza di rispetto, non si sarebbe fatto problemi a darti uno spintone e un paio di cazzotti. Se poi riferivi il fatto alla mamma lei non faceva una piega. Ben ti sta così impari.
Le cose andavano così. E si imparava in fretta.
Ora non più. Ora con i bambini bisogna parlare e confrontarsi da pari (e portarli conseguentemente dallo psicologo). Più di una volta nel parco (con la mia mentalità anni '80) mi sono trovato in questa situazione. Partivo dal magazzino con il trattore e gli attrezzi e lungo la strada mi si parava innanzi uno di questi bambini. Si piazzava proprio al centro della strada e apriva le le braccia. Dovevo schiacciare il freno. Rendetevi conto, schiacciare il freno, bloccare la macchina. Negli anni '80 l'unica ragione ammissibile ad un tale affronto era un'emergenza. “Presto, vieni, Tizio non respira più”.
No, il pargolo perfettamente a suo agio, sorridente e sicuro di sé ti chiedeva: “Che cosa fai?” Negli anni ottanta l'adulto ti avrebbe guardato brutto e nella migliore delle ipotesi ti avrebbe risposto: “Sono fatti tuoi?”, ma proprio solo quelli in odore di santità. Penso, se scendo e gli do quello che merita dopo c'è il penale, se mi limito a mandarlo a cagare me la devo vedere con la mamma una di quelle donne danarose e disagiate che vivono in una realtà parallela e si sfogano litigando con prossimo.
Dunque dovevo capitolare.
“Vado a lavorare”.
“Vai a distruggere gli alberi”
“Vado a sistemare il bosco”
“Perché vai a distruggere tutti gli alberi?”
“Un giorno te lo spiegheranno i maestri ma non vado a distruggere gli alberi”. Però non credo che i maestri l'abbiano ancora fatto in maniera esauriente, altrimenti non si spiegherebbero queste prese di posizione.
Per quanto riguarda i bambini sospetto che nonostante tutta la bambagia nella quale vivono non saranno esentati dalla selezione naturale che avverrà solo un po' più avanti nel tempo quando avranno barba e peli e dovranno vedersela con tutti gli stranieri scaltri cresciuti in situazioni più stoiche, che li raderanno al suolo sia a livello umano che professionale.
Ciò che mi interessa è invece far chiarezza sul bosco, il taglio degli alberi e la questione ambientale perché quando hanno inventato la parola disinformazione era appunto per descrivere l'attuale situazione al rispetto. Deforestazione, taglio degli alberi, uso del legno, sono tutti termini per la maggioranza delle persone hanno pressoché lo stesso significato.
Luis Sepulveda scriveva in un suo racconto un elenco di cose che lo rattristano. Fra di esse compare anche il rumore della motosega.
Dedicherò qualche post sull'argomento. Cerchiamo di far un po' di luce.
A proposito di disinformazione... i figlioli odierni conoscono un sacco di cose sul coccodrillo sacro del Nilo e ignorano tutto o quasi degli animali che hanno sotto casa tipo il pettirosso o la cavalletta
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